ALEPO

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Keywords: dialect , atlante linguistico , Piedmontese

Citazione:
  1. Riferimento a tutto il contributo:
    Riccardo Regis (2018): ALEPO, Versione 1 (07.11.2018, 16:48). In: Roland Bauer & Thomas Krefeld (a cura di) (2018): Lo spazio comunicativo dell’Italia e delle varietà italiane, Versione 35. In: Korpus im Text, url: http://www.kit.gwi.uni-muenchen.de/?p=12785&v=1
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  2. Riferimento ad una sequenza oppure ad un’attestazione di una citazione: http://www.kit.gwi.uni-muenchen.de/?p=12785&v=1#p:1
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Abstract

Il contributo vuole offrire una panoramica sull’Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale (ALEPO), narrando i momenti salienti della sua storia. Alla descrizione della rete dei punti e delle modalità d’inchiesta, fa séguito l’illustrazione dell’apparato di repertori e indici. Chiude l’intervento una riflessione sulla prospettive future del progetto.

1. Genesi e obiettivi del progetto

Il progetto di un atlante linguistico delle parlate galloromanze in territorio piemontese viene per la prima volta descritto, nelle sue linee fondamentali, da Telmon (1979-1980). In quella sede, troviamo esposti i principi e le caratteristiche che saranno, di lì a poco, alla base dell’Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale (ALEPO). Innanzitutto, Telmon indica quale strumento per la conduzione delle inchieste il Questionnaire d’enquête en pays alpin, redatto da Gaston Tuaillon tenendo conto delle specificità culturali e sociali del territorio alpino, alla traduzione e all’adattamento del quale sta provvedendo in quegli anni lo stesso Telmon. Tale scelta evidenzia il desiderio di continuità tra il progetto da cui trarrà origine l’ALEPO e le imprese geolinguistiche già ultimate al di là delle Alpi, segnatamente l’Atlas linguistique et ethnographique du Jura et des Alpes du Nord (ALJA) e l’Atlas linguistique et ethnographique de la Provence (ALP); desiderio di continuità che si concretizza nel fornire un opportuno completamento a quelle medesime imprese, con un’indagine approfondita dell’area galloromanza piemontese (un solo punto d’inchiesta italiano, Giaglione, è infatti incluso nella rete dell’ALJA; unicamente francese la rete dei punti dell’ALP). In secondo luogo, emerge in modo chiaro la matrice linguistica ed etnografica del nascente Atlante, di nuovo in continuità con le opere geolinguistiche francesi citate poc’anzi (e con gli sviluppi della geografia linguistica post AIS); si sottolinea, in particolare, l’attenzione rivolta “alla raccolta di testi assai vicini a veri e proprii ‘etnotesti’” (Telmon 1979-1980, 70), tecnicismo che ha già ampio corso nella consuetudine di ricerca transalpina ma ancora pressoché sconosciuto in Italia.

Volendo prescindere dall’affresco preparatorio offerto da Telmon 1979-1980, la prima presentazione al mondo scientifico del progetto dell’ALEPO avviene in occasione del VI Convegno dell’Atlas Linguarum Europae (Bardonecchia, 21-25/4/1981): è il 22 aprile 1981. Qualche mese più tardi, il 25 ottobre, avrà luogo la presentazione ufficiale all’interno di una giornata di studio organizzata dall’Assessorato alla cultura della Regione Piemonte, che sin dai primi anni Ottanta patrocina e sostiene economicamente l’impresa, inserendola nel progetto strategico Alpi e cultura e avviando un regime di convenzione con l’Università di Torino (cfr. Canobbio/Telmon 2003a, 23-24).

2. Rete dei punti e modalità d’inchiesta

Il legame tra l’ALEPO e l’area galloromanza piemontese è profondo e indissolubile; nondimeno, è opportuno sottolineare che, già alle prime occasioni di presentazione dell’Atlante, è esplicitamente dichiarato il coinvolgimento nella rete d’inchiesta di alcuni punti “fuori territorio”, ascrivibili perlopiù all’adiacente area galloitalica, collinare e pianigiana. Telmon 1979-1980, 68-69n fornisce il dettaglio delle località d’indagine inizialmente previste: si tratta di 151 punti, 45 dei quali destinati alla somministrazione del questionario “massimo” (circa 6000 quesiti), i restanti 106 sede di rilievi “minimi” (circa 3000 quesiti). La rete dei punti effettivamente investigata dall’ALEPO, comprendente soltanto 42 località, risulta molto ridimensionata rispetto alle intenzioni originarie, venendo a coincidere di fatto con i punti per i quali erano pianificate inchieste di tipo massimo. Al di là di qualche sostituzione di poco conto (Campiglia Cervo, Pramollo, Sampeyre, Canosio al posto, rispettivamente, di Piedicavallo, San Germano Chisone, Frassino, Prazzo) si segnala l’esclusione, “per diversi motivi di opportunità” (Canobbio/Telmon 2003a, 27), delle colonie francoprovenzalofone di Puglia, Faeto e Celle S. Vito (FG), e della comunità occitanofona calabrese di Guardia Piemontese (CS); va inoltre osservato che sarebbe venuta a cadere la distinzione tra inchieste massime e inchieste minime, dal momento che in tutti i 42 punti dell’ALEPO verrà proposto il questionario nella sua interezza.

I criteri che guidano la scelta delle località che costituiscono la rete d’inchiesta dell’ALEPO è il medesimo che ha condotto all’individuazione dei centri a cui sottoporre il questionario massimo (Canobbio/Telmon 2003a, 26); vale a dire: almeno una località per ciascuna delle valli del Piemonte occidentale; più località nel caso di valli molto estese e/o popolate (come per esempio le Valli Stura e Varaita) oppure particolarmente complesse dal punto di vista linguistico (come per esempio la Val di Susa, in cui corre il confine fra area occitana e area francoprovenzale). Alle due regole appena menzionate, valide per le località montane, va aggiunta la consuetudine, già accennata, di estendere la rete dei punti all’area galloitalica attigua alle valli. Con però un’eccezione rilevante: quella rappresentata dalla località di Testona, frazione di Moncalieri, facente parte della prima cintura di Torino. L’inclusione risponde, in questo caso, al desiderio di dare conto dell’importante ruolo rivestito, all’interno del territorio investigato, dal capoluogo regionale e dalla sua varietà.

Se volessimo attribuire a ciascuno dei punti della rete d’inchiesta dell’ALEPO un’appartenenza linguistica specifica, essi risulterebbero così ripartiti, da nord a sud (tra parentesi la codifica numerica di ciascuna località1):

1) area galloromanza:
1a) francoprovenzale (12 località): Ingria (110), Ribordone (120), Chialamberto (210), Balme (220), Lemie (230), Novalesa (310), Giaglione (320), Mattie (330), Chianocco (340), Susa (S. Giuliano) (350), Condove (Prato Botrile) (360), Coazze (370);
1b) occitano (16 località): Bardonecchia (380), Chiomonte (390), Pramollo (410), Sestriere (420), Perrero (430), Villar Pellice (440), Oncino (510), Bellino (520), Sampeyre (530), Canosio (610), Cartignano (620), Monterosso Grana (630), Argentera (710), Aisone (720), Entracque (810), Limone Piemonte (820);

2) area galloitalica (12 località):
2a) piemontese: Carema (011), Traversella (012), Campiglia Cervo (013), Rocca Canavese (014), Moncalieri (015), Valdellatorre (016), Bibiana (024), Piasco (023), Boves (022), Chiusa Pesio (910), Pamparato (025), Frabosa Soprana (Fontane) (920);
2b) ligure (2 località): Briga Alta (930), Tenda (021).

L’assegnazione di un’etichetta di appartenenza linguistica, senza alcuna discussione a margine, è sempre problematica; la suddivisione sopra proposta si fonda sulla letteratura degli ultimi decenni, che ha portato a rivedere alcune delle affiliazioni precedentemente attribuite. Emblematico è il caso del brigasco (Briga Alta, 930) e del kje (Fontane di Frabosa Soprana, 920), che, un tempo attribuiti al novero delle varietà occitane, sono ora ascritti al dominio galloitalico, ligure (brigasco) e piemontese (kje), la loro galloromanicità essendo stata persuasivamente contestata in numerosi studi (cfr. per il primo, Forner 1985-1986, Dalbera 1994, per il secondo, Miola 2013, Duberti/Regis 2014). Donde la collocazione del brigasco e del kje sub 2b) e rispettivamente 2a), a dispetto del fatto che lo Stato italiano, ai sensi della LN 482 del 15 dicembre 1999 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche), continui a riconoscere, sia a Briga Alta sia a Frabosa Soprana, lo status di minoranza linguistica occitana.
La campagna di inchieste sul terreno si avvia nel 1980, utilizzando la traduzione italiana del questionario di Tuaillon, e prosegue per più di un decennio. La tecnica prescelta per i rilievi dell’ALEPO è quella della conversazione guidata, che consente, oltre all’elicitazione di risposte puntuali, la raccolta di testi piuttosto lunghi e articolati (i già citati etnotesti). I raccoglitori sono molto spesso locali, nel senso che hanno un rapporto di consuetudine, vivendoci o frequentandolo, con il centro in cui si effettua l’indagine, e provengono, nella maggior parte dei casi, dal folto vivaio dei laureati in Lettere, avendo discusso tesi nell’ambito della Dialettologia italiana o della Geografia linguistica. Quanto alle fonti, l’ALEPO propende sin dall’inizio per una pluralità di informatori: in ogni località viene infatti individuato un interlocutore principale, “che ha in qualche modo costruito l’‘impalcatura’ dell’inchiesta” (Canobbio/Telmon 2003a, 30n), al quale si affiancano le voci di persone aventi una comprovata competenza in determinati àmbiti (per esempio, la flora, la caccia, la fienagione, ecc.).

Le inchieste sono registrate su nastro magnetico, per un ammontare complessivo di oltre mille ore; alla registrazione fa séguito la trascrizione, in grafia ALF-Rousselot, dei materiali. Parallelamente all’inchiesta linguistica avviene un rilievo etnofotografico, che conduce alla compilazione di circa 3000 schede, in cui la descrizione dell’oggetto è accompagnata da fotografie e/o disegni a esso relativi. L’imponente archivio etnolinguistico dell’ALEPO, nelle due componenti sonora e cartacea, è conservato e consultabile presso la redazione dell’Atlante, ospitata presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino.

3. Il processo di informatizzazione

Dai pochi cenni sopra forniti emerge che l’ALEPO nasce, al pari di altri atlanti concepiti nel medesimo intorno temporale, come atlante tradizionale, quale frutto cioè di un percorso esclusivamente “cartaceo”, senza alcun apporto da parte delle scienze informatiche. La rielaborazione dei materiali raccolti durante la campagna di inchiesta rende improcrastinabile, nei primi anni Novanta, l’informatizzazione dell’Atlante, che avviene in tre fasi principali: la prima (1991-1993) riguarda il questionario e i dati relativi alle inchieste (cronologia, località, informatori); la seconda (1994-1997) coinvolge l’immissione dei materiali etnolinguistici (risposte puntuali ed etnotesti) nella banca dati, gestita da Microsoft Access; la terza (1999-2003), infine, interessa lo sviluppo degli output per la produzione automatica di carte, materiali di complemento, repertori e indici.

L’archivio informatico dell’ALEPO è costituito da un data-base multirelazionale articolato in due sottoarchivi, denominati per convenzione Archivio risposte e Archivio voci e riprodotti rispettivamente nelle parti sinistra e destra di Figura 1 (Raimondi 2003, 86); questi ultimi contengono in buona sostanza i medesimi dati, i quali sono tuttavia posti in relazione tra loro in modo differente. Se l’Archivio risposte ha come chiavi di accesso il codice numerico della domanda del questionario e la denominazione della località, l’Archivio voci ha come chiave di accesso il titolo della voce. Ancora, se il primo sottoarchivio permette il caricamento delle risposte e di tutte le informazioni di corredo, il secondo è indispensabile per il trattamento dei dati in vista della pubblicazione.

Sebbene nella prima fase di caricamento dei dati si fosse utilizzata la grafia ALF-Rousselot già impiegata nelle trascrizioni dei quaderni d’inchiesta, alla fine degli anni Novanta si sceglie di passare all’Alfabeto Fonetico Internazionale (AFI); tale nuovo orientamento comporta, per evitare la perdita delle risposte già immesse in archivio, la determinazione di un’accurata serie di corrispondenze tra i due alfabeti (Raimondi 2003, 88), tale da permettere la conversione automatica dalla grafia ALF-Rousselot all’AFI.

Poiché hanno contribuito alle fasi di informatizzazione tecnici diversi in momenti differenti, l’archivio dell’ALEPO possiede negli anni Duemila un aspetto tipicamente stratificato, che ne rende ineludibile la ristrutturazione, ancora in corso d’opera. Il nuovo archivio ricalcherà la struttura portante del suo predecessore, liberando tuttavia la redazione dalla dipendenza, per la produzione di carte e materiali, da Word 1997, non compatibile con sistemi operativi più recenti di Windows XP.

4. Voci, note speciali e indici

Ogni voce dell’Atlante è costituita da una carta e dai cosiddetti materiali, nei quali compaiono informazioni di corredo alle risposte cartografate, oltre a una nota introduttiva alla voce medesima. Delle carte più ricche e interessanti, fino a oggi, si è offerta una stampa in formato A3, affiancata da un volume in cui sono contenuti i materiali relativi alle voci selezionate (in un numero che si aggira in genere intorno alle 50 unità); le carte (in formato A4) e i materiali delle restanti voci sono forniti in formato pdf in un CD-ROM (più recentemente, DVD) allegato al volume, insieme con la versione elettronica delle voci a stampa.

Tra i contenuti del CD-ROM/DVD compare generalmente un certo numero di voci cosiddette supplementari, le quali possono essere individuate con facilità nell’indice per il fatto che il loro codice identificativo è seguito dalla dicitura “/s”. Le risposte che compaiono all’interno delle voci supplementari sono sempre precedute da una stella a cinque punte; il medesimo contrassegno può inoltre accompagnare alcune delle risposte che s’incontrano in voci “normali” (ovvero non supplementari). Le risposte con anteposta la stella sono prodotte dal meccanismo delle “note speciali” (cfr. Raimondi 2003, 59-60), che consente di isolare in un serbatoio di transizione i dati linguistici aggiuntivi, completi di tutte le notizie ritenute utili e in origine associati alla domanda che li ha generati. Può infatti accadere che, in sede d’inchiesta, una o più fonti abbiano menzionato un referente che il questionario non si proponeva di indagare o che abbiano citato in un luogo non previsto dell’intervista un referente indagato altrove. Nella fase intermedia tra il caricamento dei dati e l’elaborazione delle voci, le note speciali possono, da un lato, portare alla formalizzazione di una domanda a posteriori (dunque inizialmente non prevista dal questionario) e confluire in una voce supplementare; dall’altro lato, trovare collocazione come risposta aggiuntiva a una domanda esistente ed essere integrata in una voce non supplementare. In quest’ultima evenienza, la risposta aggiuntiva sarà appunto contrassegnata da una stella, di modo che essa risulti subito distinguibile dalle risposte regolarmente fornite alla domanda. Il sistema delle note speciali rappresenta senza dubbio un valore aggiunto per l’Atlante, evitando la dispersione di dati che resterebbero altrimenti inaccessibili all’utente.

Sin dall’inizio, l’ALEPO dà notevole importanza all’apparato di repertori e indici, che supportano e, in certi casi, integrano la consultazione delle carte e dei materiali; va evidenziato che repertori e indici sono incrementali: ciò significa che, all’uscita di ogni nuovo modulo dell’Atlante, essi contengono non soltanto i dati relativi alle voci appena edite ma anche quelli dei precedenti volumi. Ci soffermeremo nel prosieguo sul repertorio delle risposte per località, sull’indice delle forme e sull’indice dei tipi lessicali.

Il repertorio delle risposte per località è una sorta di tesoro lessicale in potenza dell’area investigata dall’ALEPO; al suo interno confluiscono infatti le risposte ottenute nei vari punti d’inchiesta, ordinati, lungo una direttrice nord/sud, dal codice numerico più basso (011 Carema) al codice numerico più alto (930 Briga Alta). Le risposte, in trascrizione fonetica, sono organizzate in base al codice numerico della domanda a cui sono collegate, anche in questo dal valore più basso al valore più alto. Accanto a ogni risposta compare la stringa dell’informatore che l’ha fornita. Oltre a offrire un quadro d’insieme delle risposte ottenute in una certa località, il repertorio può rivelarsi un utile termine di confronto per chi voglia cimentarsi nella compilazione di un dizionario.

L’indice delle forme raccoglie tutte le risposte puntuali caricate in archivio, monorematiche e polirematiche; l’ordine di presentazione delle risposte è vincolato a una corrispondenza previamente stabilita (cfr. Raimondi 2003, 92) tra l’AFI, in cui le risposte sono trascritte, e l’alfabeto latino. Il fatto che le risposte siano riportate in trascrizione fonetica implica il confluire degli omofoni sotto uno stesso esponente. All’interno di ogni articolo sono specificati il codice numerico della località in cui il dato è stato raccolto, il codice numerico della domanda che ha generato la risposta, il contesto sintagmatico o frasale da cui il dato proviene; nel caso in cui la forma sia stata elicitata in più punti d’inchiesta, o sia collegata a domande diverse relative a uno stesso punto d’inchiesta, l’ordine di presentazione dei dati sarà quello illustrato per il repertorio delle risposte per località.

L’indice dei tipi lessicali è costituito da una lista di esponenti ordinati alfabeticamente, a ciascuno dei quali è stato ricondotto, in una fase precedente, un insieme di risposte omogenee dal punto di vista etimologico (cfr. Cerruti/Regis 2008). L’ALEPO è la prima impresa geolinguistica dopo l’AIS a fornire al lettore uno strumento siffatto, manifestando peraltro un chiaro debito nei confronti dei principi di tipizzazione adottati dall’Index zum AIS (Jaberg/Jud 1960). Più precisamente, il sistema di tipizzazione dell’ALEPO prevede tre possibili livelli, rappresentati 1) dal tipo italiano (equilibrio, erba nella pagina esemplificativa), 2) dal tipo di una lingua standard diversa dall’italiano (il francese érable); 3) dal tipo dialettale (epariàna, epuès). Si tratta di un sistema a cascata, in base al quale, se non si riesce a rintracciare per una serie di forme un tipo coetimologico in italiano, si tenterà di individuarlo in primis in francese e poi, eventualmente, in un’altra lingua standard. Qualora non fosse disponibile un tipo lessicale né in italiano né in un’altra lingua di cultura, si farà allora ricorso a un tipo dialettale normalizzato2. Ogni articolo dell’indice dei tipi lessicali contiene al suo interno tutte le forme collegate al tipo considerato e l’indicazione delle voci in cui le forme compaiono, ordinate, queste ultime, secondo il criterio alfabetico già illustrato; la citazione delle voci avviene sulla base, in prima istanza, del numero del volume e del modulo in cui esse sono accolte, in seconda istanza, del codice numerico loro attribuito (ancora una volta, dal valore più basso al valore più alto).

5. Che cosa si è fatto e che cosa resta da fare

La pubblicazione delle carte e dei materiali dell’ALEPO inizia nel 2004, sotto la direzione scientifica di Sabina Canobbio e Tullio Telmon, anticipata l’anno prima dall’uscita di una Presentazione e guida alla lettura (Canobbio/Telmon 2003b), in cui si trovano esposte le principali informazioni riguardanti il progetto: dalla genesi ai metodi che ne hanno guidato le modalità di inchiesta e l’individuazione delle località, dalla descrizione dell’archivio e delle voci ai protocolli d’inchiesta.

Il primo volume a vedere la pubblicazione è quello dedicato a Il mondo vegetale, suddiviso nei tre moduli Alberi e arbusti (2005; ALEPO I-I), Erbacee (2007; ALEPO I-II), Funghi e licheni (2004; ALEPO I-III). Già nel corso del 2007 si avvia una riflessione sulla tipizzazione lessicale dei dati contenuti in archivio, che sfocia, nel 2008, nella pubblicazione di ALEPO IIl mondo vegetale. Indice dei tipi lessicali e altre modalità di interrogazione; il volume reca in allegato un CD interattivo, che permette di “navigare” all’interno dell’archivio dell’ALEPO mediante una serie di interrogazioni (per esempio, selezionato un determinato fono in un certo contesto fonetico, se ne può conoscere la distribuzione areale e il numero di occorrenze). Va inoltre menzionata l’opportunità offerta dal CD interattivo di produrre carte personalizzate relative alla distribuzione areale di uno o più lessotipi, a partire da una voce dell’Atlante o da un lessotipo contenuto in archivio.

Dopo uno iato temporale di sei anni dalla pubblicazione dell’ultimo modulo del Mondo vegetale, vede la luce nel 2013 il terzo volume previsto dal piano dell’opera (che è tuttavia il secondo tra quelli editi), Il mondo animale (ALEPO III), composto dai due sottomoduli La fauna (III.I) e Caccia e pesca (III.II).

Dal 2013 la redazione sta lavorando all’allestimento del volume Lo spazio e il tempo (ALEPO V), il quinto in base al piano dell’opera, anch’esso organizzato in due moduli, intitolati appunto Lo spazio (V.I) e Il tempo (V.II); se ne prevede la pubblicazione, non si sa ancora se in formato soltanto elettronico oppure cartaceo ed elettronico insieme, entro il 2019.

Se la periodicità d'uscita dei volumi è andata via via dilatandosi, ciò è dovuto a una serie di concause di diversa natura. In primo luogo, dal 2012 è venuto a mancare, perché destinato ad altre funzioni, il personale dell’Università che nei 5 anni precedenti aveva prestato servizio a tempo pieno presso la redazione dell’ALEPO; sempre riguardo alla compagine dei collaboratori, la drastica riduzione del finanziamento regionale, del quale si teme per il futuro un’ulteriore contrazione, ha indotto una forte discontinuità nelle attività di redazione, tanto che è ormai impossibile avere un gruppo di persone che lavorino all’Atlante congiuntamente e nel corso di un intero anno. In secondo luogo, il numero delle voci è aumentato in modo considerevole, anche per via della scelta di pubblicare più moduli insieme: si è passati dalle 82 voci del modulo Funghi e licheni alle 270 del modulo Erbacce alle 379 del volume Il mondo animale; per il volume Lo spazio e il tempo si stima un numero di voci superiore alle 400 unità. In terzo luogo, dopo l’abbandono coatto della sede storica dell’Atlante in via S. Ottavio n. 20 (primavera 2015) a séguito della chiusura di Palazzo Nuovo per la sospetta presenza di amianto nelle sue strutture, la redazione non ha più avuto modo di lavorare su quattro terminali in rete ma soltanto sulla macchina in cui è conservato l’archivio; tale impasse è stata tuttavia superata nel corso del 2017 grazie all’intervento del nostro nuovo collaboratore informatico, Federico Fogo, a cui si deve anche e soprattutto la ristrutturazione della banca dati. Rebus sic stantibus, considerando che, divisi fra 6 volumi, restano ancora 26 moduli da ultimare, nella più ottimista delle ipotesi l’ALEPO sarà completato nell'arco di un centinaio d'anni. A meno che il quadro sopra delineato di penuria finanziaria, e di conseguente carenza di personale, sia soltanto congiunturale e non, come siamo a questo punto portati a credere, strutturale.

Non è questa la sede per enumerare i collaboratori che hanno fornito il loro apporto al cantiere dell’ALEPO, dei quali si trova peraltro un elenco, aggiornato all’inizio degli anni Duemila, in Canobbio/Telmon 2003a, 31-38; è però opportuno citare i valenti dottorandi e borsisti che, con la supervisione di Sabina Canobbio, Tullio Telmon, Monica Cini e Riccardo Regis, hanno lavorato, e in parte stanno ancora lavorando, al quinto volume: Paolo Benedetto Mas, Carlotta D’Addario, Lorenzo Ferrarotti, il già menzionato Federico Fogo, Silvia Giordano, Aline Pons, Sara Racca. Inutile dire che senza il loro contributo, puntuale e competente, le attività redazionali si sarebbe ormai da tempo arenate.

La prima cifra, quando sia diversa da 0 (= località collocantisi al di fuori del territorio montano), identifica la/e valle/i di appartenenza (1 = Valli Soana e Orco; 2 = Valli di Lanzo; 3 = Valli Cenischia, Susa, Sangone; 4 = Valli Chisone, Germanasca, Pellice, ecc.), mentre la seconda indica l’ordine relativo all’interno di ciascuna serie (110 = Ingria; 120 = Ribordone); la terza cifra è sempre uguale a 0. Per quanto riguarda invece le località in cui la prima cifra è 0, la seconda cifra allude alla collocazione geografica del punto, settentrionale (1 = provincia di Biella, provincia di Torino) o meridionale (2 = provincia di Cuneo, dipartimento delle Alpes Maritimes); la terza cifra riporta l’ordine relativo delle località all’interno delle due serie veicolate dalla seconda cifra (011 = Campiglia Cervo; 012 = Traversella; 013 = Campiglia Cervo, ecc.).
Non scendiamo qui in ulteriori dettagli, relativi, per esempio, al trattamento degli alterati e dei lessemi complessi (cfr. Cerruti/Regis 2008, 34-36, 40-43).

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