Ein Haufen alter Käse? – La geolinguistica al crocevia tra teoria, metodologia e media

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Schlagwörter: Geolinguistik , methodology , Neue Medien

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  1. Referenz auf den gesamten Beitrag:
    Luca Melchior & Verena Schwägerl-Melchior (2021): Ein Haufen alter Käse? – La geolinguistica al crocevia tra teoria, metodologia e media, Version 1 (31.05.2021, 16:33). In: Stephan Lücke & Noemi Piredda & Sebastian Postlep & Elissa Pustka (Hrsgg.) (2021): Linguistik grenzenlos: Berge, Meer, Käse und Salamander 2.0 – Linguistica senza confini: montagna, mare, formaggio e salamandra 2.0 (Korpus im Text 14), Version 1, url: https://www.kit.gwi.uni-muenchen.de/?p=74950&v=1
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1. La geolinguistica1 e i media ieri e oggi

Die sprachwissenschaftliche Forschung befindet sich in einer Übergangsphase. Ihre Rahmenbedingungen haben sich seit der medialen Revolution so grundlegend verändert, dass es notwendig ist, die etablierten Forschungstraditionen systematisch zu überdenken und in mancherlei Hinsicht neu zu justieren. Hier sind nun vor allem die Bereiche gefordert, die mit der Erhebung und Aufbereitung empirischer Daten zu tun haben. Exemplarisch ist die Situation der Sprachgeographie, also der Subdisziplin, die seit ihrer Begründung zu Beginn des 19. Jahrhunderts […] in systematischer Erhebung gesprochener Daten fundiert ist.(Krefeld/Lücke 2014, 133)

Una rivoluzione mediale in atto, nuovi orizzonti in un mondo globalizzato, rapide ed efficaci possibilità di scambio di idee e di discussione – e una fase di transizione di una disciplina scientifica, la linguistica, che deve confrontarsi con tali cambiamenti e, dunque, riflettere sulle possibilità, ma anche sui problemi che essi comportano. Le parole (Krefeld/Lücke 2014) riportate sopra descrivono bene non solo i recenti sviluppi mediatici, ma anche quanto verificatosi nella seconda metà del XIX sec., in cui i progressi nella tecnica di stampa, la nascita di nuove riviste scientifiche, innovazioni nel sistema postale e l’avvento di rivoluzionari mezzi di trasporto favorirono lo sviluppo e il riorientamento della nostra disciplina, che si emancipò dal suo ruolo ancillare, ma anche dai suoi orientamenti storico-comparativi, per dare vita a nuove, importanti subdiscipline (cf. Hurch 2009, Hurch 2009b).

Gli evidenti paralleli tra i cambiamenti mediatici dell'Ottocento e quelli ora in corso offrono lo spunto per una riflessione su alcuni aspetti della geolinguistica ieri e oggi, sugli intrecci tra approcci teorici e metodi empirici e sul ruolo che gli strumenti materialmente utilizzati per la raccolta dei dati e le forme mediatiche di rappresentazione - con le potenzialità e limiti loro propri - svolgono nello sviluppo e orientamento della teoria linguistica.

A dare il la alle nostre riflessioni sono scambi epistolari di Hugo Schuchardt con alcuni protagonisti della prima fase dell’atlantistica linguistica romanza,2 cui fanno da contraltare osservazioni più recenti sugli atlanti linguistici "classici" e sulle sfide dei nuovi progetti "atlantistici" nel contesto della digitalizzazione (cf. Krefeld/Lücke 2014, Krefeld 2005, Krefeld 2007, Goebl 2017).

2. Un antesignano della geografia linguistica: Hugo Schuchardt

Pare superfluo ricordare qui l'importanza dell'opera di Hugo Schuchardt per lo sviluppo della linguistica a cavallo tra Otto- e Novecento. (cf. Hurch 2009c). Tre filoni del suo pensiero, strettamente connessi l’uno all’altro, paiono giocare un ruolo fondamentale però anche per la nascente geolinguistica: i principi della ricerca etimologica e la sua concezione della linguistica storica, ambiti nei quali Schuchardt prese ben presto le distanze dal severo schematismo neogrammaticale (cf. Schuchardt 1885); la discussione sulla classificazione delle lingue e sui confini di lingue e dialetti (cf. la relazione di abilitazione nel 1870, pubblicata nel 1900 (Schuchardt 1900)), e l’approccio di Wörter und Sachen, di cui egli è considerato fondatore assieme a Rudolf Meringer (cf. Schmitt 2001, Settekorn 2001, Beitl/Chiva 1992). Il quadro teorico-metodologico che Schuchardt sviluppò all'interno di questi tre ambiti di ricerca fu essenziale per la nascita e lo sviluppo della geolinguistica e l'influsso schuchardtiano sui primi atlanti romanzi, in particolare l'Atlas linguistique de la France (ALF) e, ancor più, l'Atlante linguistico ed etnografico dell'Italia e della Svizzera meridionale (AIS3) (cf. per es. Goebl 2016) non solo è riconosciuto dai maggiori studiosi di storia della linguistica, ma era ben presente già ai principali attori dell'atlantistica dell'epoca. Jakob Jud per esempio gli scriveva: "Sie, geehrter Herr Professor und Gilliéron haben uns Jüngeren die reichste Anregung zu neuer Forschungstätigkeit gegeben". (n° 05150, 4 aprile 1910)4

È evidente che lo sviluppo dell'apparato teorico e metodologico schuchardtiano che si rifletterà nelle opere degli studiosi che a lui si ispirarono, è debitore di un momento storico particolarmente favorevole allo scambio interdisciplinare.5 La fruttuosa permeabilità tra discipline diverse si manifesta in Wörter und Sachen, in cui lo studio etnografico-antropologico diviene sussidio fondamentale per la ricerca etimologica, (cf. tra gli altri Goebl 2013) ma anche e soprattutto nell'applicazione della rappresentazione cartografica nella ricerca linguistica al fine di rappresentare la diversità linguistica nello spazio (cf. tra gli altri Goebl 2013).

La storicità del fatto linguistico, che ha un ruolo fondamentale anche nella concezione dell'AIS, è il filo conduttore che lega i tre filoni di ricerca schuchardtiani summenzionati. Wörter und Sachen nasce infatti dall'impeto, favorito dal fruttuoso scambio tra etnologia e linguistica esistente negli ambienti accademici e paraaccademici austriaci (cf. Pusman 2008, Schwägerl-Melchior 2016b)6, di realizzare una Sachwortgeschichte sulla scorta di un'etimologia che presti la dovuta attenzione alla dame sémantique (cui poi si accompagneranno anche altre dames, la più importante delle quali, in questa sede, è sicuramente la dame "Géographie" (Krefeld 1997, 23)) ed emancipandosi dalla rigida osservanza di ineccepibili leggi fonetiche (cf. per es. Schuchardt 1899, Schuchardt 1912). La questione della classificazione degli idiomi infine è intimamente legata a quelle sull'origine del mutamento linguistico e della diversificazione linguistica nel tempo.

A tale quadro teorico mancava però una controparte metodologico-materiale con cui affrontare la ricerca empirica. Schuchardt stesso lamenta spesso la mancanza, nel mainstream linguistico allora imperante, di strumenti e metodi per affrontare in maniera adeguata le questioni indicate, tenendo in debito conto la funzione dello spazio e dei fattori extralinguistici (in generale: culturali) nell'evoluzione linguistica. Così, trattando dei complessi rapporti e influssi intra- e interlinguistici tra idiomi romanzi e slavi, rileva che:

Über die Verbreitungsgebiete der einzelnen Sprechweisen gebricht es noch ganz an Hülfsmitteln; die Sprachgeographie liegt noch in den Windeln.(Schuchardt 1884, 93)

In altra sede, esprimendo la necessità di non separare la dimensione culturale da quella linguistica, afferma:

Wir bedürfen mundartlicher Wörterbücher mit eingeschalteten Bildern, wovon das saint-polsche von E. Edmont eine Probe bildet, oder besser mit einem ganzen Bilderatlas, welcher die Ethnographie (und als Anhang dazu die Naturkunde in einem gewissen Ausmass) systematisch darstellt, ein wirklicher Sachindex zum alphabetischen Wortverzeichnis.(Schuchardt 1899, 4)

La nascita dell'atlante linguistico sulla scia di Wörter und Sachen è sintomatica del bisogno di correlare il dato linguistico con informazioni sulla sua dimensione spaziale. L'approccio che ne sta alla base ne condiziona gli interessi ed è anche, forse, responsabile dei suoi limiti, ben evidenziati da Krefeld nell'analisi dell’AIS (Krefeld 2005). I principi dell’autoctonia e della ruralità infatti “entrano facilmente in conflitto con il principio della modernità in generale e della sincronia linguistica in particolare” (Krefeld 2005, 87), causando una delle aporie della prima atlantistica linguistica: l’interesse prettamente sincronico alla base degli atlanti e una metodologia inquadrabile all'interno della linguistica storica.  Tuttavia - e qui sta il nocciolo della questione - l'elaborazione di metodi adeguati per la realizzazione di un atlante, l'approccio empirico adottato per la raccolta dei dati, ma anche le possibilità di consultazione del "prodotto-atlante" sono motori dello sviluppo teorico-metodologico della dialettologia e della linguistica:

La disponibilità dei dati dell‘ALF nella loro forma grezza e la necessità di spogliarli mediante l’uso corrente di carte mute hanno costretto tutti gli utenti dell’ALF (e successivamente anche degli altri atlanti linguistici di tipo romanzo) a convertirsi inevitabilmente in più o meno abili classificatori di dati dialettali nonché in (più o meno) provetti cartografi. Mi pare che una buona parte dello slancio scientifico della geografia linguistica romanza sia dovuta a questo duplice stimolo.(Goebl 2017, 23)

L'interdipendenza tra metodi e strumenti disponibili per la raccolta e la rappresentazione dei dati e gli sviluppi teorici della linguistica costituiscono il fil rouge che guida la selezione dei pezzi di corrispondenza qui presentati, che costituiscono la base per il confronto tra i problemi e gli sviluppi della geografia linguistica dell'epoca e quelli posti attualmente dalla rivoluzione digitale.

3. L'AIS e il Linguistischer Atlas des dacorumänischen Sprachgebiets: questioni teoriche-metodologiche alla luce di alcune testimonianze epistolari

Nell'elenco dei corrispondenti di Schuchardt figura la crème de la crème della linguistica d'epoca, tra cui molti protagonisti della ricerca dialettologica e geolinguistica dell'epoca: il 'padre' della geografia linguistica romanza, Jules Gilliéron,7, gli ideatori dell'AIS Jakob Jud8 e Karl Jaberg9 e i raccoglitori Paul Scheuermeier (cf. Schwägerl-Melchior 2016), Max Leopold Wagner (cf. Hurch/Masala 2009) e Gerhard Rohlfs (cf. Hausmann 2016b), i membri dell'équipe dell'Atlante Linguistico Italiano Matteo Giulio Bartoli (cf. Schwägerl-Melchior 2017b) e Giulio Bertoni (cf. Hausmann 2016), oltre che Vittorio Bertoldi (cf. Hausmann 2017), Antonio Griera y Gaja, realizzatore dell'Atlas Lingüístic de Catalunya, Gustav Weigand 10, autore del Linguistischer Atlas des dacorumänischen Sprachgebiets (Weigand 1909a) e Sextil Puşcariu.11. Per le nostre riflessioni ci baseremo su alcuni brani selezionati della corrispondenza con Jakob Jud e con Gustav Weigand che ci paiono significativi per illustrare i profondi intrecci e interdipendenze tra raccolta e rappresentazione dei dati da una parte12 e lo sviluppo del pensiero linguistico dall'altra.

I due atlanti, di cui i linguisti citati sono ideatori e autori, l'AIS e il Linguistischer Atlas des dacorumänischen Sprachgebiets, mostrano caratteristiche assai diverse, sia per quanto riguarda l'ambito geografico-linguistico, sia per l'epoca di ideazione e realizzazione,13 l'ampiezza e la qualità del materiale raccolto e presentato, la densità e l'estensione della rete di inchiesta14 e, non da ultimo, per gli interessi che ne stavano alla base15 e per la metodologia con cui si svolsero le inchieste dialettologiche,16 che è necessario tener presente anche nell'analisi delle corrispondenze tra Schuchardt e i loro autori.

Della corrispondenza tra Schuchardt e Weigand sono conservate, per quanto ci è stato possibile appurare, solo le epistole di Weigand, 17 in totale, distribuite su un'arco cronologico che va dal 1886 al 1912. Il carteggio tra Schuchardt e Jud (come quello tra Schuchardt e Jaberg) è invece conservato in entrambe le direzioni (a Graz e nell'archivio dell'AIS a Berna) e consta di 113 pezzi, tra cartoline e lettere, che coprono gli anni tra il 1909 e il 1926.17

3.1. Concettualizazzione e raccolta dei dati 

Gustav Weigand è stato spesso accusato da detrattori contemporanei e posteriori – non da ultimo dal suo allievo e futuro contraente, Sextil Puşcariu (cf. 1931, 647) – di essere un “überzeugter Junggrammatiker” (Beltechi 1996, 89), troppo pervaso dalle rigide convinzioni neogrammaticali per riconoscere il potenziale della nascente geografia linguistica (gilliéroniana). Dalle sue lettere emerge invece con forza quanto la sua esperienza "sul campo" lo abbia portato a rivedere le sue posizioni teoriche, allontanandosi dagli assunti neogrammaticali.18 Il certosino lavoro di raccolta dei dati porta Weigand a rifiutare con decisione il concetto di Lautgesetz, come egli scrive in una lunga lettera del 1° gennaio 1900 (n° 12706):

Ihre Meinung, daß die Lautgesetze durchaus nicht immer in erste Linie zu stellen sind, stimmt ganz mit meinen Erfahrungen überein. Ich habe nie für ausnahmslose Lautgesetze geschwärmt, seitdem ich aber durch meine eingehenden Dialektstudien auf rum. Gebiete zu intimeren Eindringen ins Sprachleben gelangt bin, habe ich meine früheren Ansichten ganz wesentlich ändern müssen. Kein Zweifel, daß auch die begriffliche Zusammengehörigkeit auf die Lautgestalt einen ganz bedeutenden Einfluß ausübt.

Weigand operava a Lipsia, culla del movimento neogrammatico. Questo era stato fautore (come già prima l'Ascoli in Italia) di uno spostamento dell'interesse linguistico verso lo studio dei dialetti e in tal modo aveva "gerade zu der Richtung, die eine wesentliche Korrektur an ihren Positionen erbrachte, viel beigetragen: zur Sprachgeographie" (Gauger u.a. 1981, 54). A differenza della maggior parte dei neogrammatici, per i quali però "diese Forderung [...] theoretisch [blieb]" (Gauger u.a. 1981, 54), Weigand si prodigò con dedizione allo studio della lingua viva e, diversamente dall'Ascoli e anche da Schuchardt, fece profonda esperienza di raccolta sul campo dei dati linguistici, percorrendo a tal fine i più remoti e isolati territori dei Balcani in numerosi lunghi e perigliosi viaggi.19 La sua opera si colloca proprio al limine tra le posizioni neogrammaticali e i nuovi approcci e il forte dubbio sull'ineccepibilità delle leggi fonetiche nasce dal confronto - ben più diretto di quello di Gilliéron o di Jaberg e Jud - con la viva voce dei parlanti. Egli ne osservò anche la vita quotidiana e materiale: le sue ricerche (cf. per esempio 1888, 1892, 1894, 1895, 1924) furono guidate non solo da un interesse linguistico, ma anche da una curiosità etnografica molto forte, che emerge anche nelle lettere inviate a Schuchardt, ove, spesso anche su richiesta del collega, gli fornisce informazioni su diversi aspetti della cultura materiale, come la funzione di diversi tipi di fusi per lana trovati in Romania (lettera n° 12704, 2 dicembre 1899) o di attrezzi da pesca (lettera n° 12707, 14 novembre 1900).

Anche in un altro passo della corrispondenza Weigand ribadisce l'importanza della raccolta dei dati ai fini di un'adeguata elaborazione teorica:

Ich [...] erkenne nur Lautregeln, die mit großer Regelmäßigkeit eintreten, an. Im übrigen sind die Ursachen des Lautwandels so mannigfaltiger und vielfach noch dunkeler Art, daß wir oft oft [sic] genug ganz sichere Etymologien absolut nicht erklären können. Wer wie ich Dialektstudien gemacht hat, wird bald diese Einsicht bekommen. Es ist auch gut im Interesse unserer Wissenschaft, daß dem so ist, sonst würde sie zum Handwerk herabsinken. Ich wünschte, daß jeder Linguist einmal gezwungen wäre, Dialektstudien im Volke zu machen. Sie haben vollständig recht, wenn Sie sagen das Material, aus dem die 'Gesetze' abgeleitet würden, sei nicht genügend gesichert; ja nicht nur das, sondern es beruht doch meist nur auf dem durch die Schrift überlieferten Material. Die Schriftzeichen aber dienen mehr dazu den wahren Charakter der Laute zu verbergen als ihn zu offenbaren. Wenn mein Atlas, von dem soeben die V. Lieferung herauskommt, fertig sein wird, will ich auf Grund des darin veröffentlichten Materials meine Erfahrungen und Ansichten über prinzipielle Fragen in einer Schrift niederlegen, und ich hoffe, daß ich manches Neue und genügend Gesicherte zu sagen haben. (n° 12708, 23 gennaio 1904)

L'approfondimento avviene nelle pagine introduttive al suo atlante (Weigand 1909a, 21-22), pubblicate separatamente pure nel Fünfzehnter Jahresbericht (Weigand 1909b). Ben diversamente dall'essere ottuso proselito della fede nelle leggi fonetiche, Weigand riconosce dunque alla storia dei concetti un ruolo determinante nell'evoluzione fonetico-formale delle parole. Il contatto diretto con una realtà linguistico-comunicativa come quella balcanica è sicuramente anche uno dei motori principali per l'interesse areale che Weigand sviluppa negli anni e che per lui diviene sempre più anche la chiave per risolvere l'annosa questione dell'origine del romeno, come afferma in una lettera a Schuchardt del 7 novembre 1907:

Uebernächstes Jahr hoffe ich auf längere Zeit nach Albanien gehen zu können, um mich gründlich einzuarbeiten. Der Schlüssel zur Lösung der Rumänenfragen liegt doch auf rumänisch-bulg.-alb. Gebiete. (n° 12713)

Nella trattazione della storia della lingua entra così un fattore fondamentale, che la ricerca dialettologica e la raccolta di dati per gli studi di geografia linguistica portano fortemente alla luce, ma poi, troppo spesso, nella monodimensionalità della rappresentazione, trascurano: il contatto linguistico.

Per Jud sono già i lavori preparativi alle inchieste per l'AIS a offrire l'occasione di discutere con Schuchardt di un problema fondamentale: l'esistenza di confini dialettali (Mundartgrenzen). Già due anni prima dell'avvio delle inchieste (e della prima menzione del progetto al collega di Graz!)20, Jud affronta argomenti fondamentali per la concezione di questo, giustificando tale impresa e affrontando alcuni aspetti teorici-metodologici: la scelta di determinati fenomeni linguistici, le linee guida da seguire durante la raccolta, la (im)possibilità di individuare nello spazio una distribuzione ben delineata dei fenomeni linguistici scelti e di conseguenza di poter tracciare confini dialettali stabili sulla base dei materiali empirici raccolti in loco (e non di assunti aprioristici): 

Was nun Ihre spezielle Frage betreffend Mundartabgrenzung betrifft, so vertreten Sie S. 8 Ihrer Habilitationsschrift die Anschauung der Unmöglichkeit des Grenzpfahls zwischen Piemontes und Provenzalisch; ebenso S. 28 die Gebiete... 21 und es scheint mir da mit Prof. Gauchat, dass wir a priori feste Mundartgrenzen zu verwerfen kein Recht haben, sondern zunächst die Forschung auf dem Terrain abwarten müssen. Eine Mundartgrenze wie sie etwa zwischen Sopraporta und Sottoporta im Bergell existiert, zeigte eine Mundartgrenzlinie wie sie schärfer gar nicht gedacht werden kann. Ob die Grenzlinie zwischen Piemontes und Provenzalisch scharf ist, bejaht mir Jaberg der an Ort & Stelle die Mundarten aufgenommen hat. Geht die räumliche Entfernung parallel mit der sprachlichen Differenzierung? Die Frage ist nicht so leicht zu bejahen, noch zu verneinen. [...] Wir müssten uns also zunächst klar werden über die Wahl der lautlichen morphologischen Züge, die wir für den Grad der Differenzierung unter den Mundarten von Norden nach Süden entscheidend ins Feld führen wollen [...] Vielleicht geben Sie mir noch einige Angaben darüber, welchen Wertmasstab Sie in der Wahl der sprachlichen Züge beobachtet haben wollen. (n° 05184, 14 giugno 1917)

Schuchardt risponde il 26 luglio 1917, negando la necessità di ricerche empiriche sul terreno per corroborare la sua posizione, dal valore più generale:

[...] Also beschränke ich mich auf einen kurzen Hinweis. Es liegt mir sehr am Herzen dass bezüglich der Mundartengrenzen kein Missverständnis zwischen uns bestehe. „Forschungen auf dem Terrain“ usw. können auf meine Anschauung keinen Einfluss ausüben; sie ist ja ganz allgemeiner Art, bezieht sich auf alle Sprachen. Im einzelnen würden z.B. schon die baskischen Mundarten uns ganz Anderes lehren als die romanischen. Ich leugne keineswegs das Vorhandensein sehr deutlicher, ja scharfer Grenzen, aber das sind absolute Grenzen, deren Rolle als relativer, als Grundlagen für Klassifikation mir nicht einleuchtet. [Archivio dell'AIS, Berna, grassetto sottolineato nell'originale]

Le posizioni dei due linguisti continuano a divergere su questo punto; lo scambio d'opinioni al riguardo fa però emergere 'en passant' aspetti fortemente moderni, come l'importanza della "classificazione da parte dei parlanti" (vedi il krefeldiano "Sprecherbewusstsein", cf. per es. Krefeld (2004)) e della sua variabilità storica. Così Jud il 6 agosto 1917:

Mundartgrenzen: die Notwendigkeit der Definition des Wortes „Grenze“ in Mundartgrenze möchte ich ausschalten: denn zuerst die „Sache und dann das Wort“. Die Mundartgrenze ist bald eine scharfe Linie, bald ein kleines Übergangsgebiet, aber ich meine, dass die Möglichkeit der Mundartklassifikation mit der Existenz der Mundartgrenzen eintritt oder verschwindet. Dabei betone ich gleich sofort, dass solche historische Mundartgruppierung vielleicht in den meisten Fällen dem heutigen Empfinden der Bewohner nicht (mehr) entspricht: in dem Sinne kann ich Ihre Anschauung von der Unmöglichkeit einer allzeitgültigen Klassifikation durchaus beistimmen. Aber hierin liegt m.E. kein Grund zum Verzicht auf das Problem: denn jede Klassifizierung geistiger Erscheinungen scheint nie allen Gesichtspunkten und allen Zeiten gerecht zu werden. [...] So werden wir die südfranzös. Mdarten (prov.) als Einheit auffassen selbst wenn der Südfranzose des 18. Jahrh. seine Md. als eine französische betrachtet hätte. Ich habe immer eine gewisse - vielleicht unberechtigte Abneigung - gegen rein mathematische Darstellung der sprachlichen Verhältnisse, weil eine solche zu sehr von der Realität abstand [sic] nimmt. Giebt es überhaupt Mundarten, die im Verhältnis a‘ b‘ c‘ d‘ e‘ f‘ g‘ h. voneinander differieren? Ich möchte immer mit der gesammten Buntheit der Verhältnisse rechnen, damit man Formeln nicht für Wirklichkeit ansieht. [...] (n° 05185)22

Il quadro su cui operano gli ideatori dell'AIS presenta dunque in nuce sviluppi posteriori della teoria linguistica variazionale. Purtuttavia, nel 'prodotto atlante' essi, come ben osservato da Krefeld (Krefeld 2005), non riescono a tenere in debita considerazione - o forse a rendere accessibili - aspetti fondamentali per l'interpretazione dei dati, come la migrazione e la pluridimensionalità della variazione.

3.2. La rappresentazione dei dati e i suoi limiti

3.2.1. La trascrizione

Nella già citata lettera del 14 aprile 1920 Jud fa cenno alla difficoltà di adottare una trascrizione univoca:

Übermorgen wandere ich nach Bünden, mit Herrn Dr. Scheuermeier gedenke ich im Lugnetz gemeinsam eine Aufnahme zu machen und später diese dreitägige Aufnahme zu publizieren; für jene, die so leicht bereit sind, anderen unrichtige Notierungen von Dialektformen vorzuwerfen, ist ein solcher Versuch bestimmt: er soll ein Beweis dafür sein, wie verschieden derselbe Laut und dieselbe Lautfolge zur selben Stunde und bei derselben Versuchsperson perzipiert wird. [...].

Anche Weigand è pienamente consapevole di tali problemi, che si pongono anche quando vi sia un unico esploratore:

Ich habe für die drei e-Laute (ę e ẹ) die nordwestfranzösische Aussprache von: un esprit ailé fest im Gehöre, und darnach ordne ich die e-Laute ein; aber ich zweifle nicht, daß ich auf der Reise in der Moldau von Süden nach Norden wandernd gewiß manches anders bezeichnet habe als von Norden nach Süden; denn wenn man längere Zeit lauter ẹ hört, so wird man sich erst dann entschließen e oder ę zu schreiben, wenn man ganz zweifellos diese Laute hört. Umgekehrt wird man in Gefahr kommen zulange ę statt e zu schreiben, wenn man von Norden kommt, wo man beständig die offenen Laute hört (Weigand 1909b, 137).

Il tema della trascrizione e della sua fedeltà è tuttora dibattuto e strettamente connesso alla documentazione della variazione interna e alla percezione del dato linguistico.23 I problemi di rappresentazione non riguardano tuttavia solo la trascrizione dei dati linguistici, ma anche alla resa materiale di diversi tipi di dati nel nuovo formato "atlante linguistico".

3.2.2. I limiti di formato

Weigand dedica molto spazio alla descrizione formale della rappresentazione dei dati, segno che è conscio di quanto importante, ma anche di quanto passibile di critiche questa possa essere. Di ciò non si trova traccia nelle lettere a Schuchardt, ma il balcanologo vi riserva grande attenzione sulle pagine del Fünfter Jahresbericht (Weigand 1898, V):

Die erste Section, enthaltend 8 Blätter, ist bereits erschienen und zum Preise von 4 Mark erhältlich. Jedes Blatt in Format 48:52 cm, Maßstab 1:600000 bringt vier Normalwörter, die sich im Großen und Ganzen auf dieselbe lautliche Erscheinung beziehen, zur Darstellung mit Anwendung von zwei bis neun kontrastierenden Farben, wodurch das Auftreten eines neuen Dialektes, abweichende Behandlung in verschiedener Stellung, Dialektmischung, manchmal auch die Herkunft der neueingewanderten Bevölkerung sofort in die Augen springend ist. [...] Der Atlas wird in 300 Exemplaren gedruckt, erscheint zunächst in sechs Sectionen à 8 Blatt, worauf noch eine größere Zahl von Uebersichtskarten, die auf einmal das ganze Sprachgebiet enthalten, und nicht das einzelne Wort, sondern die lautliche Erscheinung summarisch zur Darstellung bringen, folgen sollen. Ueber die Brauchbarkeit der von mir zur Anwendung gebrachten Methode wird man sich nur dann ein Urteil bilden können, wenn man ein Blatt vor Augen hat [...].

Lo spazio fisico di cui dispone Weigand - volume unico dalle dimensioni relativamente piccole -  costituisce una restrizione per la rappresentazione della rete, piuttosto fitta, di punti di inchiesta; di qui la scelta di rappresentazioni sommarie dei fenomeni fonetici.

Anche per l'AIS il limite di formato delle singole carte ha un ruolo decisivo. L'indagine a tappeto di tutto il territorio sarebbe stata impossibile per ragioni legate al finanziamento (cf. sotto),

[a]ber auch die Publikation würde auf fast unüberwindliche Schwierigkeiten stossen. Es wäre nicht mehr möglich, Übersichtskarten von Italien zu verwenden, die Antworten auf eine Frage müssten auf mehrere Blätter verteilt werden. Man beachte, dass unsere Karten besonders in der Südschweiz und in Oberitalien wohl das Maximum an Raumausnutzung darstellen, das noch innerhalb der Grenzen des Erträglichen bleibt, und dass eine Vergrösserung des Formates ohne bedeutende Unbequemlichkeit für den Benutzer nicht möglich wäre. (Jaberg/Jud 1928, 184)

L'intento di rappresentare le immagini dei denotati assieme alle trascrizioni del materiale linguistico è, all'epoca, sicuramente avanguardistica, ma pone notevoli problemi di natura concezionale e materiale, che obbligano a scelte dettate talora più dalla praticabilità che da convinzioni scientifiche. Il 22.12.1920, Jud scrive a Schuchardt deplorando l'impossibilità di allegare alla lettera due carte (linguistiche) di prova e una "Sachkarte", come invece avrebbe voluto. Mentre per le prime le ragioni sono legate a ritardi e alla sicurezza postale,24 per la seconda Jud adduce problemi di riproducibilità a stampa:

Leider kann ich Ihnen noch keine Sachkarte beilegen: Pflugphotographien sind genügend da, aber wie sie auf Karten reproduzieren ist das Problem. (n° 05207)25

L'impervia sfida di rappresentare adeguatamente su carta il legame tra le cose (o le loro illustrazioni) e le parole (nella loro trascrizione) accompagna l'impresa fino al compimento finale:

Dazu tritt nun der Abschluss der Mundartaufnahmen in Italien durch Herrn Dr. Scheuermeier in grössere Nähe (Oktober 1923) und da gilt es sich eingehend mit den Problemen der Drucklegung auseinanderzusetzen. Und bei der starken Betonung des Sachlichen in unseren Aufnahmen spielt die Darstellung des Sachlichen innerhalb der sprachlichen Formen eine sehr heikle Aufgabe, die Jaberg und ich mit Hülfe einer Reihe von Probekarten zu lösen versuchen müssen. Also 'une corvée immense' erwartet die beiden Initianten. (lettera di Jud del 17 aprile del 1923, n° 05221)

Ancora il 12 agosto 1925 Jud ribadisce:

Wir haben noch die Verlegersorgen zu überwinden, denn die nachkriegs. Verleger sind alle nur aufs Geldverdienen erpicht. Manches dornige Problem stellt uns die Herstellung der Wort- und Sachkarten, denn hier gilt es neue Wege zu beschreiten" (n° 05228)

Come essi stessi ammettono (cf. Jaberg/Jud 1928, 15), Jaberg e Jud non riuscirono a risolvere il problema e dovettero ricorrere a una soluzione alternativa, la pubblicazione di Bauernwerk in Italien der italienischen und rätoromanischen Schweiz. Eine sprach- und sachkundliche Darstellung landwirtschaftlicher Arbeiten und Geräte, che vide la luce soltanto tra 1943 (primo volume) e 1956 (secondo volume) (Scheuermeier 1943/1956).

Se Weigand lascia agli utenti il giudizio sulle scelte di formato e rappresentazione da lui operate, la praticità della consultazione del "prodotto atlante" è tematizzata più volte nella corrispondenza tra Schuchardt e Jud. Il 2 febbraio 1917 l'ultrasettantenne Schuchardt vi fa cenno con una certa autoironia:

Meine Kraft – das Wälzen der Wörterbücher wird mir immer saurer. Von dem Atlas ling. will ich nicht reden; eine halbe Stunde Hin- und Herwerfen der Mappen hat mich neuerlich sehr mitgenommen. [...] In den Prüfungszimmern sollte für Romanisten ein Kraftmesser aufgestellt werden: wer unterhalb einer gewissen körperlichen Leistung bleibt, werde auch unfähig für die Wissenschaft erklärt. (Archivio dell'AIS, Berna, lettera non numerata del 2 febbraio 1917)26

Il formato degli atlanti, il loro peso e la decifrabilità (o non...) dei caratteri utilizzati non ne rendono infatti certo agevole l'utilizzo. E per quanto gli atlanti linguistici costituiscano un formato innovativo, essi non possono certo fornire una risposta a tutti i quesiti della ricerca, come ammettono Jaberg e Jud (1928, 176):

Auf bestimmte Probleme haben wir das Fragebuch nicht zugeschnitten. Jedem Benutzer des AIS ist das Problem wichtig, mit dem er sich gerade beschäftigt. Weder die Herausgeber noch die Exploratoren konnten die Fragen voraussehen, die für den Forscher - oft dank der Einsicht in die Materialien der Sprachatlanten - interessant und brennend werden.

3.2.3. Il finanziamento

La nascita degli atlanti è facilitata anche dall'affermarsi, all'epoca, di nuove tecnologie di stampa. Tuttavia la produzione di volumi di grande formato rimane costosa e costituisce un ostacolo non indifferente per le imprese atlantistiche, che assumono rischi economici notevoli.27

L'atlante di Weigand comincia a essere pubblicato, in "Sectionen", già nel 1898. Alla base della scelta del formato vi sono anche questioni legate all'annoso problema del finanziamento. Come lo stesso Rumänisches Seminar, diretto da Weigand a Lipsia, anche il progetto dell'atlante (sia per i viaggi necessari alla raccolta dei dati, sia, soprattutto, per la pubblicazione) dipende infatti dai finanziamenti - diretti o tramite l'Accademia e/o il ministero dell'istruzione - del governo romeno. E se Weigand è lieto di annunciare, nel Fünfter Jahresbericht (Weigand 1898, V), "daß die rumänische Academie in Bucarest beschlossen hat, die Druckkosten eines linguistischen Atlasses zu tragen, der die Resultate meiner Dialektstudien übersichtlich zur Anschauung bringt, wodurch die mit so großer Mühe gewonnenen Einzelresultate erst den rechten Wert bekommen", il 14 novembre 1900 scrive a Schuchardt "Ich hoffe, daß ich dieses Jahr die Mittel zur III. Section meines Atlasses von der rum. Academie erhalten werde, in der Zeichnung ist er fertig gestellt" (n° 12707) e nello Jahresbericht dello stesso anno (Weigand 1900, VII) annuncia che "ich [...] die dritte Section (Süden) in der Zeichnung fertig gestellt habe, die Ausführung aber muss unterbleiben, da ich von der rumänischen Akademie die Nachricht erhielt, dass 'din causa strîmtorăriĭ de fondurĭ' für dieses Jahr kein Geld bewilligt werden konnte". 

Anche per l'AIS i limiti finanziari costituiscono un problema fondamentale che condiziona fin dall'inizio le dimensioni dell'impresa: a Jaberg e Jud è infatti chiaro che un atlante che copra "alle größern Ansiedlungen eines Landes, zum mindesten alle Gemeinden vertreten wäre" (Jaberg/Jud 1928, 184) non sarebbe realizzabile, per gli enormi costi che deriverebbero dallo svolgimento delle inchieste necessarie. La concezione e realizzazione dei progetti atlantistici è infatti fortemente subordinata al reperimento delle risorse finanziarie necessarie - un problema che, ahimè, ha portato alla fine prematura di diversi meritori propositi.

4. La geolinguistica sul web

È trascorso ormai più di un secolo dall'inizio delle imprese atlantistiche sopra delineate, e la geolinguistica si è ormai consolidata sul web. Se i voluminosi e poco pratici tomi degli atlanti tradizionali non sono ancora stati del tutto abbandonati, essi sono per molti aspetti obsoleti, e nuovi progetti atlantistici - da VIVALDI (Kattenbusch 1998-2016) a ALIQUOT (Castellarin/Tosques 2013-), da AMPER (Martínez Celdrán/Fernández Planas 2003-2018) a VerbaAlpina (Krefeld/Lücke 2014-), passando per l'ASiCa (Krefeld/Lücke 2006-2017), sono nati direttamente in forma digitale, altri, come l'ALD-I (Goebl 2005-2016), sono accessibili almeno parzialmente online e infine anche "vecchie glorie" come l'AIS sono state retrodigitalizzate. Ciò può da una parte garantire una maggiore ricezione, non essendo più necessari investimenti di centinaia se non migliaia di euro per l'acquisto, né di grandi spazi per la conservazione degli atlanti. D'altra parte il web offre possibilità diverse sia per quanto riguarda la raccolta sia per quanto riguarda la rappresentazione dei dati. In che modo tale cambiamento mediatico contribuisce alla risoluzione dei problemi materiali e concezionali che hanno afflitto la geografia linguistica fin dai suoi inizi? E in che misura invece ne crea di nuovi? Nelle righe seguenti cercheremo di indagare questi quesiti partendo da alcune riflessioni di ordine più generale sulle implicazioni che alcune caratteristiche del World Wide Web hanno sulla raccolta e la rappresentazione di dati empirici.

Centrali sono sicuramente la perlomeno potenzialmente illimitata quantità dei dati che si possono elaborare, ma al contempo l'estrema eterogeneità degli stessi, la (teoricamente) infinita possibilità di corredare i dati con metadati di diverso tipo e dunque di aver accesso a informazioni su e da diversi piani semiotici e di ancorare i dati a diversi livelli di contestualizzazione (cf. per es. Krefeld/Lücke 2014, 150s.) e infine il mutato ruolo di informatori, ricercatori e fruitori nel processo di creazione, rappresentazione e interpretazione dei dati stessi (cf. Krefeld 2011). Sono queste caratteristiche a definire lo sfondo sul quale nascono le sfide, ma anche le opportunità della geografia linguistica digitale.

4.1. La quantità dei dati

I limiti materiali (di natura finanziaria e legati al formato cartaceo) al numero di punti di inchiesta, al set di dati da elicitare e alle possibilità di rappresentazione degli stessi, che, si è visto, erano fondamentali per gli atlanti tradizionali, vengono meno nell'ambito della geolinguistica digitale. I nuovi progetti fanno uso di carte digitali che coprono il mondo intero o perlomeno buona parte di esso e permettono all'utente di muoversi sulle stesse in maniera flessibile, focalizzando liberamente su aree più o meno ampie. Le diverse possibilità di visualizzazione (p. es. mouse-over) permettono di combinare i vantaggi delle carte "a simbolo" e delle carte con singole attestazioni (cf. Krefeld/Lücke 2014, 146s.) e dunque di selezionare tra diversi livelli di astrazione a seconda dello specifico interesse. Progetti come Verba Alpina inoltre abbandonano le prospettive nazionali e/o regionali e dunque i confini tra singole lingue (storiche): un sogno schuchardtiano, questo, che in anni non troppo lontani era ancora ritenuto utopico.28 L'integrazione multimediale di materiale linguistico (in forma sonora e/o scritta) e di immagini in un solo atlante è ora tecnicamente possibile. In tal modo i progetti atlantistici possono diventare veri strumenti di ricerca interdisciplinari (cf. sotto). Con metodi di rilevamento dati basati sul web (crowd-sourcing) è (potenzialmente) possibile ottenere un numero teoricamente illimitato di dati in maniera economica e veloce29 - a condizione certo che i progetti ottengano un adeguata visibilità e che l'interesse dei potenziali informanti - che sono al contempo fruitori - venga adeguatamente stimolato. A tal fine è necessario che la massa di dati venga messa a disposizione in maniera strutturata e selettiva, non contingente, in base ai criteri di ricerca di volta in volta rilevanti, evitando così ricerche e browsing frustranti.

4.2. La qualità dei dati

Se la possibilità di accumulare, elaborare e rappresentare una quantità di dati enorme non pone grossi problemi per quanto riguarda la loro preservazione (almeno temporanea)30, ne crea altri di natura concettuale e tecnica. Tra questi è senz'altro da nominare l'eterogeneità dei dati, che richiede un'attenta modellazione teorica-concettuale da parte dei linguisti (e/o di scienziati di altre discipline coinvolte) e conseguentemente un'adeguata pianificazione della base informatica. Spesso infatti i dati provengono da fonti preesistenti eterogenee e presentano dunque diversi stati di elaborazione (cf. Krefeld/Lücke 2014, 139ss.). Anche la distinzione tra dati di produzione e dati di auto- e eteropercezione linguistica - la cui integrazione nei progetti atlantistici è senz'altro auspicabile (cf. Krefeld/Lücke 2014, 137s.) - dev'essere modellata in maniera adeguata per poter ben separare i due livelli epistemici. Infine, se l'approccio collaborativo di crowd-sourcing, adottato in Metropolitalia (Krefeld u.a. 2012), Verba Alpina e ALIQUOT, permette di raccogliere un maggiore numero di dati da un campione più ampio di informanti con un impegno economico minore, esso comporta delle sfide teoriche-concettuali di cui devono tenere conto sia i linguisti che gli informatici coinvolti. Se gli atlanti tradizionali spesso cercavano il parlante "NORM" e di conseguenza, non di rado, documentavano una lingua arcaica, non tenendo conto della variazione pluridimensionale presente sul territorio, essi registravano (e almeno in parte verificavano) dati socio-demografici degli informanti di fondamentale importanza per l'interpretazione (anche varietistica) del dato linguistico. Questo tipo di "controllo" e "arricchimento" del dato risulta più ostico in progetti basati sul crowd-sourcing: le possibilità di accesso ai dati socio-demografici degli informanti e la conseguente valutazione della "affidabilità" delle informazioni fornite, sono limitate. In altre parole: nella massa di dati, dove resta il parlante? (al rigurdo cf. Krefeld/Lücke 2014, 152s.).31

4.3. Il legame tra quantità e qualità

Ben fanno Krefeld/Lücke (2014, 151s.) a sottolineare il potenziale della georeferenziazione dei diversi tipi di dati, che permette di renderli fruibili per interessi diversi di scienziati di più discipline. È poi innegabile che la georeferenziazione e la strutturazione interna della banca dati in back-end sono gli strumenti più potenti per modellare i dati (cf. Krefeld/Lücke 2014, 138ss.). I legami digitali che vengono creati tra dati diversi - automaticamente o dai diversi soggetti coinvolti nel processo di elaborazione dei materiali "grezzi" - apportano infatti qualità ermeneutica alla massa, teoricamente infinita, degli stessi. Sono tali legami a fare della geolinguistica digitale un ponte tra più discipline, come, oltre alla linguistica, l'etnologia e la sociologia del sapere. Gli attuali progetti atlantistici non sono da considerarsi progetti "solo" linguistici con un (solo) obiettivo chiaro e un termine nel tempo: essi sono infatti strumenti di ricerca interdisciplinare perché consentono - come, in misura minore, anche i "vecchi" atlanti - di sviluppare nuove questioni, teorie, concetti e conoscenze "strada facendo", nel processo di concezione, elaborazione e consultazione del progetto (non più prodotto!) atlantistico.32

Tuttavia, se la modellazione del legame tra dati e spazio fisico è facilitata dalla georeferenziazione, non lo è altrettanto per le altre dimensioni variazionali. In un contributo dedicato all'ASiCa (Krefeld/Lücke 2006-2017), Krefeld e Lücke rimarcavano come la geolinguistica moderna non possa limitarsi a "distillare la pura diatopia", ma debba auspicare a "evidenziare l’intreccio concreto e quotidiano delle dimensioni variazionali" (Krefeld/Lücke 2008, 197). In tale progetto, come anche in altri, si è dunque cercato di dar spazio anche alla variazione intergenerazionale, di genere e a quella causata dalla mobilità dei parlanti. La pluridimensionalità della variazione linguistica non è però tuttora rappresentata adeguatamente in alcun progetto atlantistico. Promettente a tal fine è la proposta di Krefeld (Krefeld 2019), che sottolinea come una rappresentazione adeguata possa e debba partire dai glossotopi e non dalle isoglosse. Tuttavia pare spontaneo chiedersi se la geolinguistica digitale sfrutti già appieno le potenzialità dei nuovi media o se, come agli albori delle imprese atlantistiche, manchi tuttora una controparte metodologico-empirica e materiale alle nuove considerazioni teoriche. Il problema dell'indagine e rappresentazione della dinamica variazionale oltre la diatopia (basilettale e non) e diacronia (la cui soluzione pare vicina) resta infatti attuale.

Questa è dunque la sfida più ambiziosa della geolinguistica ai nostri tempi: la modellazione e rappresentazione dei legami tra i dati linguistici (e non) oltre (e in relazione con) la diatopia e la diacronia - una sfida "antica", della quale si erano già resi conto gli ideatori dei primi atlanti, ma tuttora irrisolta. La cronorefenzialità, proposta, ma non ancora implementata in Verba Alpina, potrà coadiuvare una migliore collocazione temporale delle diverse fonti e di conseguenza una migliore rappresentazione della dimensione diacronica, permettendo un'esplorazione storica del dato e ponendo un correttivo all'eterogeneità temporale dei dati.33 Annosa resta però la questione di un'adeguata rappresentazione delle altre dimensioni variazionali, che, a differenza di spazio e tempo, non sono caratterizzate da fattori oggettivamente misurabili e sono meno nettamente divisibili al loro interno.

Nonostante le questioni ancora aperte, siamo però sicuri che, anche grazie all'opera pionieristica e indefessa del nostro Maestro, non ci troveremo nella condizione di dover affermare, come fece Jud a proposito della allora fallita impresa atlantistica basca:

Es ist schade, dass die Hoffnungen in dieser Richtung eher heruntergeschraubt werden müssen, aber solche Atlasunternehmungen bedürfen bestimmte Naturen, die nicht zu improvisieren sind. (lettera di Jud a Schuchardt del 30 dicembre 1922, n° 05219)

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Per il termine cf. Krefeld (2019a).
Molto di quanto qui scritto nasce dal nostro lavoro al progetto Network of Knowledge (2012-2016, finanziamento FWF) e all’Hugo-Schuchardt-Archiv (Hurch 2007-). Quest'ultimo presenta l'opera omnia schuchardtiana, le relative recensioni e diverse edizioni dal suo epistolario, costituito da oltre 13.000 lettere e cartoline a lui indirizzate e conservate presso la biblioteca universitaria di Graz (cf. Wolf 1993), cui si aggiungono numerose lettere e cartoline scritte da Schuchardt rinvenute in biblioteche e archivi europei e non. Alla fine del 2018 oltre 6000 lettere erano disponibili in edizione digitale.
Consultabile in forma digitalizzata al sito NavigAIS
Quando non diversamente indicato, il numero corrisponde a quello con cui sono archiviati i pezzi di corrispondenza ricevuti da Schuchardt presso la Biblioteca universitaria di Graz, Hugo Schuchardt Nachlass.
Questo si concretizzava da una parte in un fitto scambio epistolare tra scienziati di diverse discipline, dall'altra nei diversi circoli, società e associazioni accademici, come p. es. la società antropologica di Vienna cf. Pusman 2008.
Non è certo questa la sede per approfondire la storia di tale approccio, per cui rinviamo alle pubblicazioni già citate, ma anche alle collezioni, visitabili in via telematica, di oggetti di interesse etnografico di Hugo Schuchardt (Volkskundemuseum Wien) e di Rudolf Meringer (Institut für Kulturanthropologie und Europäische Ethnologie der Universität Graz) e al carteggio tra Schuchardt e Meringer (Schwägerl-Melchior 2017a).
Cf. l’edizione (non commentata) in Melchior (2016).
Carteggio parzialmente edito in Heinimann (1972, 1992).
La corrispondenza è stata analizzata nell'ambito di una Seminararbeit presso l'Institut für Sprachwissenschaft, ma è tuttora inedita.
L’edizione critica del carteggio è di prossima stampa (Melchior (forthcoming)).
Nonostante la corrispondenza tra Schuchardt e Puşcariu continui con discreta costanza fino al 1926, non vi sono cenni al progetto dell'Atlasul lingvistic român, per il quale nel 1922 erano cominciate le inchieste.
È evidente che vi è una reciproca interdipendenza e non possono essere considerati come "passi di lavoro" (sempre) nettamente distinti l'uno dall'altro. Tale distinzione ci pare tuttavia funzionale per capire meglio gli spunti di riflessione teorica che ne nascono.
Weigand raccolse personalmente i dati per il suo atlante nel corso di otto viaggi in loco a partire dal 1895. La pubblicazione dell'atlante avvenne dapprima a fascicoli, dal 1898, e poi in volume nel 1909. Il paradigma neogrammaticale godeva allora ancora di un forte consenso, soprattutto a Lipsia, alma mater di Weigand. Le inchieste per l'AIS, pubblicato a partire dal 1928, furono invece effettuate da tre esploratori appena dopo la fine della Prima Guerra mondiale, a partire dal 1919, in una fase dunque in cui l'approccio di Wörter und Sachen era già stato pienamente recepito dai linguisti svizzeri e non solo.
Gli otto volumi dell'AIS abbracciano 1705 carte, ciascuna delle quali comprende 405 punti d'inchiesta; il Linguistischer Atlas des dacorumänischen Sprachgebiets, in un unico volume, comprende 67 carte che si basano su 752 punti (!) di inchiesta, in cui i materiali vennero raccolti in un tempo assai breve e quasi esclusivamente da Weigand stesso.
Quelli dell'AIS erano di stampo lessicologico-culturale, oltre che fonologico e morfosintattico, nell'atlante di Weigand prevale invece l'interesse fonologico-storico.
Base per le inchieste dell'AIS fu il Fragebuch, elaborato sul modello di quello concepito per l'ALF, mentre Weigand, che pur aveva grande esperienza di lavoro con questionari, si prepose di raccogliere "Normalwörter" che potessero venire utilizzati spontaneamente all'interno di discorsi con gli informanti (per maggiori dettagli sulla metodologia e gli obiettivi dell'atlante romeno cf. Weigand 1909a, 1-22, per l'AIS cf. Jaberg/Jud 1928).
Meno intensa è la coeva corrispondenza tra Schuchardt e Jaberg: ai diciotto pezzi di corrispondenza di mano di Jaberg conservati a Graz si aggiungono solo tre indirizzati da Schuchardt al collega bernese.
Non si trovano invece spunti metodologici legati alla concezione dell'impresa atlantistica - Weigand sembra piuttosto preoccupato di tenere al corrente Schuchardt dei progressi nel lavoro, annunciandogli la pubblicazione delle diverse sezioni; cf. per esempio la lettera del 2 dicembre 1899 (n° 12704) in cui gli chiede se abbia avuto occasione di scorrere la seconda sezione dell'atlante, appena pubblicata, invitandolo a farne una recensione sul Centralblatt - desiderio che Schuchardt non esaudirà.
Weigand dedicò molto spazio alla descrizione dei suoi viaggi, come nel seguente esempio: "Für die Pferde ist es eine harte Arbeit, auf dem in Schlangenlinien sich windenden Pfade die Berge zu erklettern. Doch mit bewundernswerter Ausdauer überwinden sie alle Anstrengungen. Auf der Höhe ist eine Quelle "Kodru mare = großer Berg“ genannt. Ein überraschender Anblick bietet sich dort dar. Gerade vor uns, scheinbar sehr nahe, liegt V.L. auf halber Bergeshöhe, wie an die Felsen angeklebt. [...] Ein schmaler, gefährlicher Saumpfad führt in einem Stündchen nach V.L. (Weigand 1888, 10).
Nonostante Jud tragga ispirazione dalle idee schuchardtiane, egli fa cenno all''impresa dell'atlante solamente a inchieste iniziate, il 21 agosto 1919 (n° 05195), e appena un anno dopo ne svelerà alcuni parametri, riconoscendo come l'impresa sia debitrice, nella sua concezione, all'insegnamento di Schuchardt: "Das Questionnaire umfasst etwa 2500 Wörter und Sätze: wir hoffen nichts wesentliches ausgelassen zu haben. Neben diesem Normalquest. existiert ein erweitertes Questionn. mit etwa 5000 Wö. u. Fragen, die er auf seiner ganzen Reise an 20 Punkten abfragen soll. In Bünden ist dies im Münstertal und in Lenz (bei Thusis) geschehen. An jedem Ort soll er eine Anzahl Photos von Geräthen aufnehmen, die als Bilderatlas einst veröffentlicht werden sollen. Das ist die teilweise Verwirklichung Ihrer Idee: Sprach- und Bilderatlanten. (n° 05204, 14 aprile 1920)".
Schuchardt (1900, 8seg.) scrive "Und in der That finden wir noch auf dieser Seite der Gebirgshöhe Ortschaften deren Sprechweise der französischen Schriftsprache entschieden näher steht als der italienischen. Aber wo sollen wir den Grenzpfahl in den Boden stossen? Etwa da wo wir den Schweinehirten seine Thiere nicht mehr i porci sondern lus cusciuns, les cochons nennen, oder da wo wir zuerst ein Kind von seinem Vater nicht mehr als mio padre, sondern als mon paire, mon père sprechen hören? Ich befürchte, es möchte dabei der besondere Geschmack eines jeden zu Tage kommen".
Jud ritorna su questo punto nella sua lettera del 25 dicembre dello stesso 1917, contrastando in parte la Sprachverwandtschaft schuchardtiana (cf. Schuchardt 1917): [...] Der Widerspruch bewegt sich in der Richtung, dass ich gerne gesehen hätte, welches die Wahl der Merkmale sein muss, um von einer stetigen geographischen Abstufung reden zu können. [...] Ich gebe zu, dass bei „ungestörten“ Verhältnissen sich die geographische Abstufung mit der sprachlichen in correlatem Verhältnis befindet: aber hat die sprachliche Betrachtung je mit solch primitiver Lagerung zu untersuchen Gelegenheit? Und ist es nicht gerade eines der reizvollsten Probleme zu zeigen – was Sie am Schlusse so eindringlich betonen – dass Sprachgeschichte Volksgeschichte oder besser Geschichte der Sprechenden einer Volksgenossenschaft oder der Menschheit ist? Ist die Gruppierung der italischen Mundarten nicht auch ein Capitel der Geschichte der Italienisch Sprechenden?" (n° 05188)
A questo riguardo si vedano anche le interessanti osservazioni di Goebl (2017, 17seg.) sul progetto del Glossaire des patois romands de Suisse sotto l'egida di Louis Gauchat.
Le carte di prova per "Sense und Sichel" che arrivarono a Graz più tardi sono conservate nel lascito di Schuchardt all'interno della sezione Werkmanuskripte al numero d'archivio 17.6.1.6.
In una lettera presumibilmente databile all'inizio del 1921 e sicuramente posteriore alla ricezione delle carte di prova, Schuchardt fa riferimento a possibili migliorie nella rappresentazione delle cose e delle parole sulla carta, che l'ormai quasi ottantenne dovette consultare con l'ausilio di una lente d'ingrandimento.
Ritorna poi sull'argomento oltre due anni dopo, : "Ich kann nur selten und nur wenig arbeiten. Ins Romanische darf ich eigentlich gar nicht mehr hineinreden; wie ich Ihnen schon sagte, bilden der Atlas ling. und andere 'Wälzer' für mich fast unüberwindliche Hindernisse" (Archivio dell'AIS, Berna, lettera non numerata del 18 agosto 1919).
Esemplari di ciò possono essere considerati i cenni che fanno Jaberg/Jud (1928, 5ss.) riguardo alla ricerca dell'editore e alle spese dell'AIS.
Così scrive Wunderli (2001, 154): "Projekte für einen derartigen Sprachatlas – u.a. den Atlante linguistico mediterraneo, den Atlante linguistico europeo usw. – hat es inzwischen verschiedene gegeben; keines davon ist jedoch auch nur annähernd zur Publikationsreife gediehen. Die Vision Schuchardts eines „übereinzelsprachlichen“ Sprachatlasses dürfte damit nach über hundert Jahren dem Bereich der Utopien zuzuordnen sein".
Il problema dei finanziamenti, a prima vista alleviato dalla raccolta dati tramite web, dunque resta, ma cambia fisionomia: se i costi per le esplorazioni possono essere notevolmente ridotti, ve ne sono altri, di concettualizazione e programmazione delle piattaforme che ospitano gli atlanti, di salvaguardia dei dati, oltre che, naturalmente, di personale scientifico e tecnico che monitora, adegua, rielabora, aggiunge, ecc. nell'ambito di progetti che, per loro natura, non possono mai dirsi conclusi.
Non entriamo qui nelle questioni riguardanti la conservazione e l'archiviazione a lungo termine di grandi quantità di dati, che senz'altro è un quesito di centrale importanza per tutti i progetti delle digital humanities, ma per il quale esistono già esempi di buone pratiche.
Altri problemi sono legati, per esempio, all'interpretazione dei dati forniti in maniera scritta - si pensi alle diverse grafie scelte per la rappresentazione di fonemi dialettali, qualora di questi non siano forniti anche realizzazioni foniche. Ciò comporta, in diversi casi, che tali dati possano essere utilizzati solo per un'analisi di tipo lessicale, ma restino preclusi allo studio fonetico-fonologico. Posto poi il caso che tali dati venissero corredati da registrazioni audio, quale sarebbe lo status da attribuire a queste, che, senza una trascrizione e interpretazione da parte dello scienziato, resterebbero piuttosto dati "grezzi"?
Data la dinamicità e apertura dei nuovi progetti diviene ozioso chiedersi, come invece fecero Jaberg und Jud, se il materiale raccolto sia adeguato a rispondere a interessi scientifici diversi, in quanto esso può continuamente essere integrato e rimodellato.
Eterogeneità che caratterizza anche altri progetti atlantistici: si pensi per es. all'ASLEF (Pellegrini 1972-1986) o all'ALI (Bartoli/et alii 1995-), che presenta anche dati raccolti in precedenza in altri atlanti. Nonostante le diverse fonti siano indicate, la rappresentazione cartografica appiattisce monodimensionalmente i diversi dati.

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