Un corpus di lettere scambiate tra la Repubblica di Ragusa (Dubrovnik) e il Regno di Bosnia – schemi comunicativi

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Keywords: dialetto veneziano coloniale , Republic of Ragusa

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  1. Riferimento a tutto il contributo:
    Ana Lalić (2022): Un corpus di lettere scambiate tra la Repubblica di Ragusa (Dubrovnik) e il Regno di Bosnia – schemi comunicativi, Versione 1 (17.01.2022, 09:19). In: Roland Bauer & Thomas Krefeld (a cura di) (2022): Lo spazio comunicativo dell’Italia e delle varietà italiane (Korpus im Text 7), Versione 90, url: https://www.kit.gwi.uni-muenchen.de/?p=33645&v=1
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Abstract

In questo contributo ci proponiamo di presentare i principali schemi comunicativi rintracciabili nella corrispondenza epistolare fra la Repubblica di Ragusa e i suoi ambasciatori nel Regno di Bosnia. Ogni lettera contiene un atto di comando attraverso il quale viene effettuato un altro tipo di atto linguistico, ossia l’ordine che l’ambasciatore deve eseguire. Emergono due livelli di comunicazione: il primo diretto all’ambasciatore, il secondo diretto al vero destinatario della lettera. Il quadro teorico utilizzato nella ricerca lo abbiamo ripreso dalla teoria degli atti linguistici di Austin (1962) e di Searle (1969, 1976). Alla fine della ricerca abbiamo constatato che dietro l’atto di comando all’ambasciatore si configurano diversi atti linguistici. Fra i più significativi si trovano gli atti di richiedere, di minacciare, di persuadere, di esprimere le condoglianze e le congratulazioni. Ogni forma linguistica possiede una struttura e uno schema che la caratterizza rendendola specifica e formulaica.

1. Introduzione

La Repubblica di Ragusa è nota per essere luogo di incontro di diverse culture, diverse lingue e anche diversi alfabeti. Si tratta di una piccola repubblica, di una città-stato governata da due Consigli e dal Rettore con il difficile compito di reggere la città nei periodi tumultuosi. Durante il Quattrocento Ragusa è uno stato indipendente sotto il grosso influsso italiano, soprattutto veneziano (cf. Banfi 2014, 75). Possiede una flotta commerciale competitiva, alla pari di quella veneziana (cf. Havrylyshyn /Srzentíc 2015, 3).

Secondo gli stessi autori (Havrylyshyn /Srzentíc 2015) la chiave della prosperità economica ragusea del tempo è l'efficace gestione del governo da parte delle élite, ambasciatori compresi. Il corpus che studieremo si colloca nel Quattrocento, nel secolo di grande fioritura della Repubblica. In questo periodo Ragusa si trova tra Venezia (in guerra contro i turchi) e l'Impero Ottomano (alla conquista dei paesi balcanici).

Indubbiamente nel Quattrocento Ragusa non è in una posizione invidiabile, ma è proprio in questo contesto storico che i Consigli di Ragusa, il Rettore e i furbi ambasciatori riescono a governare la città. Per questo motivo sosteniamo la teoria che le parole sono l'arma più forte. Per confermare la nostra ipotesi analizzeremo dei passi e mostreremo i modelli comunicativi adoperati dagli ambasciatori e dal Consiglio nella comunicazione con i vicini. 

Così come le conosciamo oggi, le funzioni diplomatiche nascono durante il tardo Medioevo e il Rinascimento (cf. Frigo 2000; Hampton 2009). Secondo Hampton (2009, 3) la diplomazia moderna ha origine in Italia intorno alla metà del Cinquecento, con l'esordio delle innovative tecniche retoriche rinascimentali. Un buon ambasciatore deve conoscere le convenzioni di autorappresentazione e di performance retorica (cf. Hampton 2009, 18). Inoltre, secondo Frigo, è appunto in Italia che sorgono le istituzioni medievali della rappresentanza diplomatica (nuncii, procuratori, legati) e la figura dell’ambasciatore (cf. Frigo 2000, 2).

Prenderemo il modello elaborato da Tasso nel Messaggiero come quello dell’ambasciatore perfetto. Il Messaggiero è posteriore al nostro corpus, tuttavia in quest’opera Tasso definisce lo statuto degli ambasciatori del secondo Cinquecento attingendo alle caratteristiche degli ambasciatori dei secoli precedenti. Cercheremo di mostrare in quale modo il modello dell'ambasciatore perfetto influisce sull'uso e sulla scelta dell'atto linguistico nella comunicazione diplomatica.

2. Descrizione del corpus

Il corpus primario di questa ricerca è costituito dalle lettere inviate dalla Repubblica di Ragusa ai suoi ambasciatori nel Regno di Bosnia. Le lettere trattano i problemi relativi al commercio, ai trattati di pace, agli accordi, ai contratti ecc. Il periodo temporale preso in esame è il Quattrocento.  Oggi queste lettere sono conservate nell'Archivio di Stato di Ragusa, nella raccolta Lettere di Levante contenente centinaia di lettere. Il sub-corpus è molto più ristretto ed è composto dalle lettere seguenti:

  1. Dopo il 25/3/1403 – Lettera ragusea a Miloš Miličević sui bosniaci catturati
  2. 25/6/1403 – Commissione diplomatica all'ambasciatore raguseo presso il duca Sandalj Hranić
  3. 29/5/1404 – Lettera agli inviati ragusei per Hrvoje Vukčić sui possibili cambiamenti in Bosnia
  4. 21/5/1405 – Lettera all'ambasciatore raguseo della Bosnia sulla creazione delle condizioni necessarie per il trattato di pace
  5. 3/3/1424 – Gli emissari ragusei al duca Sandalj Hranić dopo la morte del fratello Vuk
  6. 13/1/1427 – Commissione all'inviato raguseo dal duca Radosav Pavlović per stabilire la compravendita di una parte di Konavle
  7. 18/3/1428 – Sulla gabella imposta alla Repubblica di Ragusa
  8. 14/7/1428 – Commissione agli inviati ragusei dal re bosniaco e sulle nozze del re
  9. 29/3/1435 - Gli emissari ragusei al duca Stjepan Vukčić dopo la morte dello zio Sandalj Hranić Kosača

Visto che questa ricerca mira a un'analisi qualitativa del corpus, l’abbiamo ristretta a quei brani che mostrano in modo adeguato gli schemi comunicativi e le formule usate nella corrispondenza epistolare tra le due parti. Purtroppo le risposte alle lettere non sono state conservate. Le lettere presenti in archivio sono le copie delle lettere il cui contenuto è stato deciso dai Consigli (cf. Tadić 1935) e non esiste un modo per ricercare gli schemi comunicativi delle risposte degli ambasciatori, possiamo dunque lavorare solo su una parte del canale comunicativo. Il nostro scopo è mostrare tramite un corpus ristretto le modalità comunicative fra il Rettore di Ragusa e i nobili di un altro paese, vogliamo impostare il lavoro per proseguire in futuro con una più complessa analisi quantitativa.

3. Metodologia

Per la ricerca adottiamo il quadro teorico delle considerazioni di Austin 1962 sull'idea di fare usando le parole e la teoria, più dettagliata, sugli atti linguistici di Searle (1969, 1976). Visto che molti autori (fra cui per esempio King 2011, Kryk-Kastovsky 2009, Arnovick 1999, Jucker 2000,Kohnen 2007, Kohnen 2007, Kohnen 2008a, Bertucelli Papi 2000) trattano il tema dell'adeguatezza dell'applicazione delle teorie sincroniche in diacronia, noi non lo affrontiamo e concludiamo che questo quadro teorico è adatto alla nostra ricerca.

Gli atti linguistici sono scelti seguendo il modello elaborato da Tasso nel suo Messaggiero in cui l’autore discute sulle funzioni e sulle caratteristiche del perfetto ambasciatore. Tasso definisce la funzione dell’ambasciatore come segue: “Diremo adunque che l’ambasciatore sia gentiluomo che appreso un prencipe rappresenta la persona d’un altro prencipe a fine di pace pubblica e d’amicizia” (Tasso 1959, 64). Riconosce inoltre due tipi di ambasciatore: “alcuni sono mandati per trattazione di negozio, o sia di pace o di guerra o di tregua o di lega o di che altro si sia; altri sono mandati per una semplice dimostrazione di benevolenza e di stima o a rallegrarsi di nozze o di nascimento di figliuoli o di acquisto di vittoria o a condolersi di morte o d’altra sciagura o far altro simil complimento” (Tasso 1959, 64-65). Dunque, per individuare gli atti linguistici negli schemi comunicativi degli ambasciatori, dobbiamo far attenzione a quelle formule che affermano la pace e l’amicizia e a quelle che corrispondono alla funzione segnalata dall’autore: di esprimere benevolenza e stima, di fare congratulazioni e condoglianze.

Sebbene si sia già insistito sul fatto che gli ambasciatori ricevano le istruzioni dai Consigli e dal Rettore, non possiamo affermare che l’ambasciatore sia un semplice trasmettitore di parole altrui. O, detto con le parole di Tasso, “non può dunque alcuno esser perfetto ambasciatore, ch’insieme non sia buon oratore” (Tasso 1959, 66) e “se l’ambasciatore altro non fosse che semplice riportatore de le cose dette, non avrebbe bisogno né di prudenza né d’eloquenza, e ogni uomo ordinario sarebbe atto a quest’ufficio” (Tasso 1959, 70). Ne consegue che l’ambasciatore deve essere esperto di arte oratoria e possedere buone capacità di retorica ed eloquenza, aspetti rintracciabili anche nel nostro corpus.

Naturalmente, lo schema comunicativo primario che riprendiamo è quello di Jakobson (cf. Jakobson 1960c). Lo schema elaborato da Jakobson (1960, 1966, però anche in altre opere) prevede un mittente, un messaggio e un destinatario. La comunicazione fra i due soggetti è influenzata anche dal contesto (la situazione comunicativa), dal referente (il tema affrontato), dal canale comunicativo (il mezzo) e dal codice (il linguaggio usato).

Il contesto delle lettere è la comunicazione fra la Repubblica di Ragusa e i suoi ambasciatori durante il Quattrocento.

Il referente delle lettere può essere diviso in due categorie: globale e specifico. Con il termine referente globale vogliamo definire il referente generico in cui si colloca la comunicazione: il Quattrocento e le commissioni che la Repubblica di Ragusa ordina ai suoi ambasciatori nel Regno di Bosnia. Tuttavia ogni lettera è caratterizzata da un tema preciso che definiamo referente specifico.

Il nostro interesse è tutto rivolto al linguaggio usato nelle lettere e a come questo influisce sulle forme degli schemi comunicativi. Le lettere sono state scritte in lingua italiana che è caratterizzata da riflessi venezianeggianti, la lingua ufficiale della cancelleria ragusea dell'epoca (per il veneziano usato a Ragusa vedere Muljačić 2000; Bartoli 2000; Dotto 2008; Banfi 2014; Vuletić/Dotto 2019). Cercheremo di dimostrare che gli schemi comunicativi delle lettere corrispondono allo schema di condotta del perfetto ambasciatore proposto da Tasso nel Messaggiero. Come già scritto, per essere un buon ambasciatore non bisogna semplicemente trasmettere le parole altrui ma essere anche abili nell'arte della retorica e dell'oratoria, e quindi conoscere le diverse strategie di mitigazione nelle richieste.

Nell’ambito degli schemi comunicativi la mitigazione delle richieste è un concetto importante poiché le richieste sono un atto linguistico che minaccia la faccia dell'interlocutore in modo intrinseco (cf. Brown/Levinson 1987, 66). La faccia è un concetto intrinseco e interculturale che rappresenta un valore sociale positivo (cf. Goffman 1982, 5), e bisogna distinguere tra faccia negativa e faccia positiva: la faccia positiva rappresenta la parte pubblica dell’immagine di sé che contiene la personalità, mentre la faccia negativa rappresenta la libertà dall’imposizione (cf. Brown/Levinson 1987, 61). Brown/Levinson (1987, 110-227), e Blum-Kulka /Elite (1985) elencano una serie di strategie, utilizzabili anche insieme, mirate a mitigare l'effetto dell'atto che minaccia il profilo negativo della faccia. Per attenuare l'effetto delle richieste sull'ascoltatore/destinatario si può ricorrere sia a modificatori esterni che interni. Nel nostro corpus troviamo i seguenti modificatori:

  • giustificatori1 (ingl. grounders) - danno una spiegazione della richiesta;
  • disarmanti (ingl. disarmers) - servono a rimuovere le obiezioni in anticipo;
  • minimizzatori (ingl. downtoners e imposition minimizers) - minimizzano la forza della richiesta;
  • rabbonitori (ingl. sweeteners) - esprimono una stima esagerata nelle competenze dell'ascoltatore.

Nelle parti seguenti analizzeremo questi mitigatori e il loro ruolo nella comunicazione del corpus preso in esame.

4. Lo schema primario della comunicazione

La caratteristica più significativa della comunicazione epistolare è che la forza illocutoria di ogni atto linguistico espresso viene trasmessa doppiamente (cf. Jucker 2000). Il che vuol dire che il destinatario della lettera non è il vero ricevente del messaggio ma il suo mero trasmettitore, dunque la forza illocutoria primaria del messaggio non è esercitata su di lui (cf. Jucker 2000).

Innanzitutto la comunicazione e lo schema non sono simmetrici poiché non viene rappresentata una situazione di dialogo. La comunicazione epistolare è di natura monologica, non ci si aspetta né esiste una contestuale risposta dell’interlocutore. Il messaggio è contenuto nella lettera, il mittente è il Consiglio della Repubblica di Ragusa. Il primo ricevente del messaggio della lettera è l’ambasciatore.

Le lettere contengono la formula seguente: “Noi commettiamo a te/voi”. Dall'uso del verbo performativo commettere si evince che le lettere sono degli atti di comando, cioè di commissioni dirette all'ambasciatore. Le richieste non possono essere rifiutate, pertanto concludiamo che si tratta piuttosto di ordini (cf. Leech 2014, 62). Dunque questi ordini diretti all’ambasciatore possono essere collocati al primo livello comunicativo.

La maggior parte delle lettere comincia con una chiara indicazione ascrivibile a un comando. Gli incipit presentano una formula con la quale si invocano sia Dio e la Vergine che San Biagio, il santo protettore di Ragusa. Potremmo perciò ipotizzare che si voglia mitigare i comandi appellandosi alle divinità. In questo modo si vorrebbe far credere che il comando non sia una mera volontà della Repubblica di Ragusa, ma anche quella di Dio e dei santi. Inoltre agendo in nome di Dio cresce l’importanza della commissione diplomatica, visto che non ha solo uno scopo politico ma anche una giustificazione divina. Dopo questa formula viene comunicato che il seguito della lettera contiene una commissione diplomatica:

"Nuy Nicolla de Zorzi Rector de Ragusa cum lo nostro menor conseyo et cum lo conseyo de pregadi, per arbitrio a nuy et ali detti consegli data per lo maior et general conseyo de Ragusa, a vuy Pasqual de Resti et Marin de Zugno de Bona, ambassatori nostri ellecti per andar in Bossina al ducha Cheruoe et ad altri come dira de sotto. Comettemo che al nome de Dio et del beato misier Sancto Blaxio confallonier et protector de questa nostra cita [...]." (29/5/1404, Lett. di Lev., IV, 66).

Spiegheremo la natura di questi ordini attraverso l’analisi dei brani seguenti:

"Et a lui presentada la letera di credenza saludatilo per parte del regimento et zintilihomini di Ragusa cum quello saludo che se conuene et poy gle diti como qui apresso seguira. In prima alegratiue dela sua sanitadi et del so bono auignimento lo qual hauemo molto dessidrado per essere cum lui. Apresso gle diti como el rigimento et zintilihomini di Ragusa animo odido manifestamente del vostre bon portamento inver di Ragusa. Et como in ogne luogo che vui vesiti trouato auiti parlado ben et fauorezado i facti di Ragusa caxa vostra." (25/6/1403, DAD, Lett. di Lev., 28v.)

"Nui Rectore de Ragusa cum lo so consiglo cometemo a ti Millos Milli-seuich che in bona hora debiati andare cum una galea dela signoria de Vinexia ala via de Costantinopoli et siando li zunto, mititiue a scentire de quelli zintili homini di Bosna […]." (Dopo il 25/3/1403, Lett. di Lev., IV, 8v.)

"Nuy Nicolla de Zorzi Rector de Ragusa cum lo nostro menor conseyo et cum lo conseyo de pregadi, per arbitrio a nuy et ali detti consegli data per lo maior et general conseyo de Ragusa, a vuy Pasqual de Resti et Marin de Zugno de Bona, ambassatori nostri ellecti per andar in Bossina al ducha Cheruoe et ad altri come dira de sotto. Comettemo che al nome de Dio et del beato misier Sancto Blaxio confallonier et protector de questa nostra cita debiate andar ala ditta ambassata et far et seguir et complir a vostra possa come dira di sotto." (29/5/1404, Lett. di Lev., IV, 66.)

"Item siando cum lo cherzech debiate dir in secreto da luy a vuy che pensa Bossina de crear segnor. Et se luy dixesse de zo se pensa et vuy dicete […]." (29/5/1404, Lett. di Lev., IV, 67.)

Dai brani risulta che gli ordini agli ambasciatori sono espliciti e diretti, senza veri mitigatori. Sono caratterizzati dall'uso dell'imperativo (saludatilo, diti, alegratiue, cometemo, mititiue, dicete) sintatticamente marcato come una richiesta (Blum-Kulka /Elite 1985). Inoltre tutti i verbi usati in modo imperativo sono dei verbi performativi: salutare, allegrarsi, dire (Dardano 2005, 178). Anche l'uso del verbo dovere (debiati andare, debiate andar et far et seguir et complir, debiate dir) e il suo valore semantico indicano un ordine.

La richiesta si trova perciò al primo livello comunicativo ed è caratterizzata da uno schema abbastanza semplice. Le richieste al primo livello comunicativo possono essere rappresentate dallo schema seguente:

  • consigli/rettore → messaggio → ambasciatore.

È evidente dallo schema che il mittente del messaggio è il rettore, mentre il destinatario è l’ambasciatore. Gli schemi comunicativi del corpus analizzato non sono semplici, infatti alcuni messaggi si trovano al secondo livello comunicativo. Lo schema del secondo livello comunicativo sarà spiegato qui di seguito e noteremo che il messaggio primario della lettera si trova al secondo livello di comunicazione.

5. Gli schemi secondari

Considerato che l'ambasciatore si trova al primo livello comunicativo, tutti i messaggi che lui deve trasmettere si trovano al secondo livello. Ovvero: la trasmissione delle parole dei Consigli e del Rettore, il vero messaggio del contenuto delle lettere, si trova al secondo livello.

È vero che l’ambasciatore riceve il messaggio, ma deve inoltrarlo al vero destinatario. Del resto, nel Messaggiero, anche Tasso sostiene che l'ambasciatore dovrebbe situarsi nel mezzo dei due principi “perché sempre il mediatore egualmente partecipa de gli estremi” (Tasso 1959, 65). Al secondo livello di comunicazione occorre un'identificazione fra l'ambasciatore e il Consiglio, cioè, l'ambasciatore assume il ruolo del mittente trasmettendo le parole del Consiglio e il principe diventa un destinatario al secondo livello. Dunque, nelle lettere, lo schema di tutta la conversazione diplomatica si configura come segue:

consigli/rettore → messaggio → ambasciatore → messaggio → nobili.

In questo schema i Consigli ragusei e il Rettore assumono il ruolo di mittente del messaggio, l’ambasciatore ne è un trasmettitore, mentre i nobili sono i veri riceventi del messaggio dei Consigli e del Rettore. Quello che succede è che l'ambasciatore in veste di destinatario diventa il mittente dello stesso messaggio ricevuto e i nobili diventano i nuovi riceventi.

  • Richiedere e persuadere

Le richieste ai nobili bosniaci si trovano al secondo livello comunicativo, si tenta di mitigarle e di evitare quelli che vengono definiti face threatening acts (Brown/Levinson 1987). Gli ambasciatori usano una serie di strategie interne ed esterne per attenuare le richieste e proteggere la faccia dell'interlocutore. Secondo Brown/Levinson 1987), Blum-Kulka /Elite 1985 i modificatori servono a segnalare la forza pragmatica e a modificare l'impatto sociale di un certo atto linguistico, aspetti analizzati più dettagliatamente nel capitolo che tratta la metodologia della ricerca. Inoltre la comunicazione è regolata dal principio di non voler sembrare scortese più che dalla volontà di evitare la responsabilità per le richieste. Tutte le richieste al secondo livello comunicativo vengono mitigate per addolcire l'impatto sull'ascoltatore.

A titolo d'esempio, per illustrare diversi tipi di mitigatori nel corpus, scegliamo il brano seguente:

"Impero sel non ve tocha pluy alguna consa de le ditte saline, ne vuy a luy saluo taçete sopra di zo. Et sel vene recorda pluy alguna consa di le ditte salline, et vuy al ditto in breuita dicete: Voyuoda, come auanti ve disse sopra le ditte salline auanti, et cossi ve digomo che vuy sapete che le dite salline non die esser di raxon. Et nuy semo certi et speremo in la vostra virtu, che vuy non vori cum nuy consa che non sia di raxon. Anche speremo che vuy farete quello che sera di honor vostro et in plaser di quella terra di tutto perche la terra nostra e molto ben disposta a conse ve siega in plaser et honor, che cum la gracia di Dio quisti principi di amor et amista sera boni tra de nuy per li qual seguira bona fin a intrambe le parte mediante la gratia diuina." (21/5/1405, DAD, Lett. di Lev., IV, 97v.)

La più evidente strategia di mitigazione presente nel brano è la minimizzazione della richiesta. In altre parole: ridimensionando l’importanza della miniera di sale, la richiesta appare insignificante, quasi che la Repubblica di Ragusa stia facendo un piacere al Regno di Bosnia. La Repubblica di Ragusa vuole far credere che per il Regno di Bosnia non sia impegnativo concedere la miniera. Minimizzando l’importanza dei propri desideri, la Repubblica di Ragusa protegge la faccia dell’interlocutore e potrebbe convincere il Regno di Bosnia ad acconsentire alla richiesta.

I modificatori disarmanti sono evidenti nel campo semantico dell’onore, dell’amicizia e dell’amore. Lusingando il senso dell’onore del duca e ricordandogli l’amicizia fra i due paesi, Ragusa si assicura che il duca non faccia obiezioni: se il duca vuole essere onorabile, allora deve esaudire il desiderio. La richiesta previene una qualsiasi risposta del duca, non lascia scampo, è posta in modo tale da essere soddisfatta. Il campo semantico dell’onore ha anche altre funzioni, per esempio quella di giustificatore perché motiva la richiesta e quella di rabbonitore perché confida in modo smodato nelle competenze del duca bosniaco.

Un altro tipo di modificatore disarmante è il cosiddetto appello alle divinità presente alla fine del brano. Attribuendo sia la richiesta che la risposta alle divinità, si declina ogni responsabilità. Detto altrimenti: se la richiesta non è diretta, non se ne ha la responsabilità. Se il duca rifiuta la richiesta, Ragusa può fingere di non averla mai avanzata, può dire che voleva solo riconoscere la reciproca amicizia, esprimere la propria gratitudine e mostrare l’onore. Così facendo Ragusa protegge la faccia negativa del duca bosniaco dimostrando di non volersi imporre.  

Le espressioni come semo certi e speremo fungono da committenti (ing. committers) poiché, senza ricorrere a imposizioni, obbligano l’ascoltatore ad agire in un determinato modo. Asserendo la certezza di un’azione da parte del Regno di Bosnia, la Repubblica di Ragusa diminuisce le possibilità di un rifiuto perché rifiutare significherebbe negare le capacità di cui è certa.

Osserviamo un altro paragrafo:

"Item ve acometemo che siando concluxo come de sopra et siando creato segnor in Bossina cerchate che ne sian fermate le poueye et bone uxançe de antixi segnori de Bossina et de Sclauonia et specialmente et nominatamente tutte quelle de re Tuerticho et de Hostoya fo re et de tutti li altri segondo uxança come se facea ad oni mutacion de segnor nouo." (29/5/1404, DAD, Lett. di Lev., 66v.)

Dal brano si evince che l'ambasciatore conosce la retorica e l’oratoria perché nella lettera non è spiegato come lui debba ottenere la firma degli accordi, come invece era descritto da Tasso nel Messaggiero. L’ordine esplicito rivolto all’ambasciatore è solo quello di far firmare le poveye (presitito slavo che designa le carte), non c’è nessun cenno alla modalità da seguire. Deduciamo quindi sia che l’ambasciatore già sa come agire in queste situazioni, sia che ha già imparato o che gli hanno già insegnato come condurre una trattativa diplomatica.

  • Essere formulaici

In questa ricerca abbiamo deciso di accennare anche alle congratulazioni e alle condoglianze, perché hanno una struttura determinata e perché sono due forme tipiche della comunicazione diplomatica. In effetti, trattandosi di formule usate nella quotidianità, sono gli atti più schematizzati e formulaici del corpus. Le condoglianze e le congratulazioni presentano uno schema ricorrente proprio degli atti cortesi, sono una parte usuale e prevedibile della corrispondenza e della comunicazione diplomatica, così come afferma anche Tasso nel Messaggiero: “altri [ambasciatori] sono mandati per una semplice dimostrazione di benevolenza e di stima o a rallegrarsi di nozze o di nascimento di figliuoli o di acquisto di vittoria o a condolersi di morte o d’altra sciagura o far altro simil complimento” (Tasso 1959, 64-65).

Possiamo analizzare le forme delle condoglianze nei brani seguenti. Il primo tratta la morte di Vuk, fratello di Sandalj Hranić:

"Puoi nel medesimo instante li direte: Magnifico voiuoda li çentilhomini de Ragusa vostri cari amici, sentando la nouella dela morte dela bona memoria del magnifico conte Volch vostro fratello, multo li ne increse et molto sene dole, considerando la vita sua era utile et necessaria alla magnificencia vostra, et era bona et de gran piazer ad ogni vostro amico et in specialita ali zentilhomini de Ragusa, vostri cordiali et bon amici per ogni rispetto, dolendoue per parte nostra del caso el piu che porete, com quelle sauie et acorte parole se richiede a tal caso come alla vostra discretion parera. Da poi el dolore che vui hauereti fatto come di sopra vi se dize, il confortarete com breue parole dicendo: Ma, da puoi che e piazuto al nostro signore Dio de chiamarlo a se non senza grande dogla e malanconia vostra et di vostri amici considerato la morte sua e irrecuperabile e per non esser differente dala volunta di Dio, vi piaqua cum pacientia de pigliar tal conforto […]." (3/3/1424, DAD, Let. di Lev., IX, 25.)

I prossimi brani sono estrapolati dalla lettera di condoglianze al conte Stipan per la morte di Sandalj Hranić:

"Magnifico e generose signore, noy fa mistico com gran parole ricordare ne remembrare quanto dolce et teneramente sempre insembre se abiamo amato la bona e recordeuele memoria del magnifico olim barba vostro voiuoda Sandagl et la signoria de Ragusi, pero che non tanto a voi, ma a tutto lo mondo zio e manifestissimo. Il perche voltando nella mente sua da signoria de Ragusi di quanto cordiale zelo e perfetto amore e carita esso condam voiuoda, barba vostro e stato conzonto et ligato con essa. E quanta sempre sia stata le prompteza e diligentia sua com granda humanita e benignita ad amare, operare, cercare et volere com tuto lo studio e sentimenti suoi lo honore ben et utile de Ragusa casa sua e com fauor sempre ricogliere et abrazare li suoi zitadini e mercadanti come cari e cordiali amici suoi i quali sempre per le sue contrade a voluto siano securi, liberi et franchi." (29/3/1435, DAD, Lett. di Lev., XI, 228v.)

"[…] perche la fragilita humana da questo tal passagio ordinato dal summo i Dio come cosa comuna declinare non puo pero che viuere non si puo che non si mori, e morire non puo chi non viue. Considerando specialmente che auegna esso voiuoda col corpo sia morto niente mancho la sua virtuosa et gloriosa fama viue et in eterno, fin chel mondo sia viuera. Vi prega et conforta essa mia signoria che questo tal caso virtuosamente con pacientia voliate suportare conformandoui alla volunta del summo i Dio a cui cusi e piaçuto. Et si come d'esso voiuoda spechio et via vostra seti nieuo et vero successore cusi dele virtuose et laldabile operation et vie sue voliate esser imitadore et seguitore. (29/3/1435, DAD, Lett. di Lev., XI, 229.)

Osservando le parti in grassetto possiamo constatare che i brani condividono alcune caratteristiche, per esempio le espressioni di compassione e conforto, secondo Leech (Leech 2014, 211) tipiche delle condoglianze. Dai passi presi in esame possiamo infatti vedere come il mittente del messaggio esprima il proprio dolore per la morte del caro (“multo li ne increse et molto sene dole, dolendoue per parte nostra”) e ricordandone le virtù cerchi di confortare il nipote del defunto. L’espressione delle condoglianze diventa quindi il riconoscimento del comune dolore per la morte avvenuta.

Inoltre la frase “quelle sauie et acorte parole se richiede a tal caso come alla vostra discretion parera” ci mostra che in questi casi viene usata una formula di cui l’ambasciatore dovrebbe essere a conoscenza per poterla utilizzare al momento opportuno. Si tratta di un commento metapragmatico (Kádár/Haugh 2013, 163) dal quale si evince che la società ragusea e quella bosniaca possiedono un codice di comportamento condiviso. Le condoglianze sono parte di questo codice, sono una prassi sociale da rispettare anche se il mittente del messaggio non è davvero addolorato per la morte dei parenti altrui. La frase “vi prega et conforta essa mia signoria”, presente nel secondo brano, dimostra che Ragusa conosce le regole e lo scopo delle condoglianze.

Incontriamo invece le congratulazioni, fatte per un avvenimento considerato felice, nella lettera sulle nozze del re Stjepan Tvrtko II Tvrtković con una nobildonna ungherese, Garai Dorottya. Il paragrafo significativo è il seguente:

"[…] com esso re dobiate remanir e caualcar et andare allegrarui de la festa sua […] dobiamo esser con la maiesta vostra ad allegrarssi et far festa con essa de la sua festa et noze si come cordiali zelatori et amici de la vostra serenita." (14/7/1428, DAD, Lett. di Lev., X, 95v.)

La forma delle congratulazioni è stata analizzata da Searle (Searle 1976, 67) che ha individuato quattro condizioni perché un atto linguistico possa essere ritenuto l’espressione delle congratulazioni. Perché un atto linguistico sia una congratulazione deve succedere un avvenimento. Questo evento deve essere considerato felice e deve reputarlo tale anche il mittente del messaggio. Il mittente decide allora di comunicare la sua gioia compiendo un atto linguistico che esprima la sua contentezza, ossia mandando le proprie congratulazioni al soggetto/ai soggetti del felice evento. Nel brano esaminato tutte e quattro le condizioni sono rispettate, possiamo perciò affermare che la formula scritta all'ambasciatore corrisponde alla formula delle congratulazioni.

L'evento accaduto sono le nozze del re. Le nozze, soprattutto quelle dei reali, sono un evento solitamente considerato felice, quanto meno il mittente le considera tali e vuole esprimere la sua felicità (“allegrarui de la festa sua, allegrarssi et far festa con essa de la sua festa et noze si come cordiali zelatori et amici de la vostra serenita”). Si tratta ancora una volta di una forma formulaica, una prassi sociale tesa a lubrificare le relazioni sociali.

6. Conclusione

La prima caratteristica della comunicazione epistolare diplomatica è l’organizzazione su due livelli. Il primo livello comunicativo è rivolto a un soggetto della Repubblica di Ragusa che si trova in missione diplomatica e che deve perciò eseguire gli ordini. Il secondo livello è indiretto ed è rivolto ai nobili bosniaci. La comunicazione, sia quella del primo che del secondo livello, è estremamente schematizzata e segue determinati modelli comunicativi riguardanti il modo in cui interagiscono l'ambasciatore e il principe straniero. L'ambasciatore deve essere capace di padroneggiare la retorica e l’oratoria per poter esercitare il suo mestiere secondo le istruzioni ricevute da Ragusa. I buoni ambasciatori usano degli schemi comunicativi prestabiliti.

In questa ricerca abbiamo dimostrato che le lettere analizzate sono sottoposte alle regole dei due livelli. Al primo livello si trova la comunicazione fra i Consigli e il Rettore con il loro ambasciatore, mentre al secondo livello c’è la comunicazione con i nobili della Bosnia, cioè il messaggio da trasmettere.

La presente ricerca ha anche rivelato che gli schemi comunicativi tra la Repubblica di Ragusa e il Regno di Bosnia rispettano le regole della comunicazione diplomatica basate sul bisogno di non sembrare scortesi. È evidente dall’uso di vari mitigatori, necessari nelle richieste per proteggere la faccia del ricevente del messaggio. Ragusa ricorre infatti a diversi mitigatori per proteggere la faccia del principe straniero, e il principe potrebbe così accettare la proposta che gli viene avanzata.

Il corpus esaminato presenta non solo richieste ma anche altre forme stilizzate e usuali, come l’espressione delle condoglianze e delle congratulazioni. Si tratta di formule tipiche del discorso diplomatico, sono formulaiche e servono a lubrificare i rapporti sociali. Abbiamo dimostrato come entrambe le formule rispettino la struttura tipica. Le congratulazioni e le condoglianze dipendono dal ruolo sociale, non possiamo essere sicuri se sono sincere nell’espressione. Possiamo concludere che gli atti linguistici delle lettere analizzate sono quelli che ci aspettavamo avendo in mente il concetto del perfetto ambasciatore del Cinquecento.    

Per il futuro ci attende un progetto importante: l'analisi quantitativa del corpus esaminato in questa ricerca. Quest'analisi mirerebbe a classificare i tipi di mitigatori e ad analizzare le differenze nel loro uso. Oltre all’analisi quantitativa miriamo anche ad allargare il corpus per continuare con l’analisi qualitativa e verificare quali altri tipi di mitigatori e forme formulaiche sono presenti.

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Nota sul testo: le traduzioni in inglese sono state nostre.